Come avvicinarsi agli “ebrei invisibili”

Chiamateli invisibili, indifferenti o “distratti” (come li ha ironicamente definiti una relatrice al workshop sul tema all’ultimo Moked) il fatto è che in pochi decenni gli iscritti alle Comunità italiane sono passati da 35 a soli 23 mila. In questi ultimi sei mesi ho cercato di approfondire le cause di questa realtà, di identificare il target e ho riscontrato da parte di tutti, a livello nazionale e locale, un’autentica, motivata e competente voglia di affrontare il problema. Ora è necessario andare avanti. Occorre comunicare alla nostra opinione pubblica la volontà di procedere in questo senso? Le nuove azioni da implementare per il futuro e le idee di molti devono trovare un appoggio ed un riferimento nazionale? Penso di sì, con differenti responsabilità e con un punto fermo per logica e attribuzioni. Le azioni di avvicinamento sono iniziative culturali, sociali, istituzionali o meno, che non affrontano, perché non ne hanno competenza, i temi e le prerogative del Rabbinato. Partirei da qui, senza pregiudizi e senza pretendere di avere una soluzione, ma coinvolgendosi con creatività, affinando la nostra volontà e la capacità d’ascolto e di approfondimento delle realtà sociali e culturali, veri presupposti, a mio avviso del possibile avvicinamento e del coinvolgimento di chi è lontano, vicino o in mezzo. La mia è un’opinione, vorrei sentirne altre: il dibattito è aperto.

Riccardo Hofmann, Consigliere UCEI