Il valore dell’individuo non può essere ridotto a valore di mercato

L’economia capitalistica è stata quasi sempre giudicata in termini solo economici, cioè quantitativi. Di fronte ai dati, pressoché inoppugnabili, di una produzione in aumento, di un profitto in crescita, è parso, negli ultimi anni, che anche le voci più critiche dovessero finalmente tacere. Può forse esserci un altro sistema economico anche solo lievemente diverso? Il tracollo dei paesi dell’est non è stata forse la conferma decisiva?
Ma la grande questione è piuttosto un’altra, e cioè se sia possibile giudicare un sistema economico solo sulla base dell’economia, dimenticando la politica e soprattutto l’etica. Come se il criterio fosse solo quello della quantità, come se non contassero i rapporti interpersonali, e perciò il benessere dell’anima, la felicità, l’amicizia, l’amore.
Alla luce di una crisi, che pare incalcolabile, oggi si tende a mettere in discussione il sistema, ragionando però alla fin fine solo in termini economici. Eppure forse mai come ora emerge con chiarezza che il capitalismo ha danneggiato terribilmente la vita di ciascuno, ha deteriorato nel profondo le relazioni interpersonali. Tra uomo e uomo non è rimasto che puro interesse mentre il valore dell’individuo si è ridotto a valore di mercato. La logica del capitale ha favorito l’egoismo della buona coscienza, ha spinto ciascuno a credere di poter essere una monade autonoma, ha fatto della concorrenza, della rivalità, della competizione senza scrupoli, i nuovi brutali valori.
Tutto ciò che eccede dalla logica del profitto, a cominciare dall’amicizia, da un investimento di tempo ed energie nella vita dell’altro, senza torna-conto, sembra dileguarsi ineluttabilmente.

Donatella Di Cesare, filosofa