Qui Firenze – Si nasce o si diventa? Valori ebraici e problemi di bioetica

Si nasce o si diventa? Come viene affrontata la questione dalla religione e dalla scienza? È stato questo l’argomento del dibattito organizzato dalla Comunità Ebraica di Firenze, che ha visto come relatori Rav Joseph Levi (nella foto) e il professor Marcello Buiatti, docente di Genetica dell’Università degli Studi di Firenze.
Rav Levi ha citato i filosofi razionalisti ebraici, Maimonide in primis, che si chiedevano se esistesse un progetto divino per il mondo, e i cabalisti che, attraverso le loro metafore, descrivevano il mondo come un processo in divenire, che si sviluppa dunque nel tempo e non è ancora terminato. Ai cabalisti, che collegano il processo della creazione a quello del divenire del mondo, si riconduce anche il pensiero di Hans Jonas, pensatore ebreo tedesco del Novecento, che sosteneva che Dio, dopo aver creato l’universo, e cioè le condizioni per lo sviluppo della materia, avesse lasciato spazio per il divenire. L’uomo, quindi, diventa a sua volta responsabile del futuro della creazione. Rav Levi ha utilizzato come modello di riferimento per il dibattito il modello di Piaget, psicologo svizzero, secondo il quale, pur nel rispetto dei limiti naturali, il divenire è condizionato dall’attivazione del bagaglio genetico e quindi è l’azione umana che definisce il futuro dello sviluppo della specie. La Torah stessa è tutta fondata sul divenire. Dal testo sacro si evince come sia necessario per l’uomo essere responsabile e attivo per ricreare nella nuova generazione le potenzialità possedute. Nel Deuteronomio Mosè pone il popolo ebraico di fronte a una scelta: scegliere tra la vita e la morte. L’osservazione delle proposte etiche della Torah oppure la loro negazione. La scelta della vita consente al popolo ebraico di attivare le proprie potenzialità latenti.
Uno dei passaggi più interessanti del dibattito è stato quello inerente alla Zchut Avot, ovvero il concetto secondo il quale noi godiamo della salvezza grazie ai meriti dei nostri patriarchi. In quale misura le nostre origini influiscono sulle nostre esistenze? Non è facilmente determinabile. In un passo del libro di Ezechiele, il Signore dice al suo angelo di entrare a Gerusalemme e di tracciare un segno (la lettera Tav) sulla fronte degli uomini che si affliggono per le atrocità commesse nella città. Molti rabbini e studiosi hanno fornito diverse interpretazioni sul significato della lettera Tav. Secondo alcuni è il segno che serve a identificare gli uomini, che, anche se malvagi, sono sottratti alla morte grazie alla Zchut Avot. Secondo altri invece identifica quegli uomini, la cui salvezza dipende esclusivamente dal loro comportamento in vita e non dalle loro origini.
Sempre a proposito della questione se siano più importanti le azioni della persona o la Zchut Avot, Rav Levi ha citato un salmo che parla dei convertiti. Come potrebbero essi vantare alcun merito nelle origini, non essendo ebrei dalla nascita? Ecco la risposta: la felicità può essere raggiunta dall’uomo che si sazia delle sue opere (e dunque anche dal convertito). Infine, secondo l’interpretazione della Zchut Avot propria di alcuni rabbini del medioevo, è solo attraverso la Teshuvà, la Tefillà e la Tzedaka che l’uomo è in grado di salvarsi.
Il professor Buiatti ha esordito affermando di non cessare mai di stupirsi per il legame fortissimo che esiste tra cabala e scienza (con particolare riferimento alla biologia e alla fisica). Per esempio, il concetto della multidimensionalità del creato è trattato in molteplici circostanze dai cabalisti. Facendo riferimento alla Genetica del Comportamento, argomento dei suoi studi, Buiatti si domanda quanto contino i geni e quanto l’ambiente (fondamentalmente le relazioni umane) nel comportamento umano. È ormai scientificamente dimostrata l’importanza dell’ambiente. Il DNA, infatti, può essere immaginato come una mappatura di strumenti potenziali che influenzano i comportamenti individuali, senza però l’indicazione di come questi strumenti saranno attivati. Il loro diverso utilizzo dipenderà dalle condizioni ambientali in cui l’essere umano vive e si relaziona (con i suoi simili e non solo). Il cervello umano non è molto differente da quello degli scimpanzé. Nei primi anni di vita le funzioni cerebrali umane sono molto simili a quelle degli animali dai quali, secondo le teorie evoluzionistiche, deriviamo. Uomo e scimpanzé, fino all’età di due anni e mezzo circa, hanno infatti più o meno le stesse abilità manuali e hanno entrambi assimilato vari concetti, tra i quali quello di quantità (possono per esempio distinguere se viene loro offerta “poca” o “tanta” cioccolata). Qual è allora la principale causa del diverso comportamento tra uomo e scimpanzé negli anni dello sviluppo e della maturità, considerato che lo scimpanzé ha un patrimonio genetico sovrapponibile a quello dell’uomo per oltre il 98,5% e più simile a quello umano che a quello del gorilla? Il fatto che lo scimpanzé abbia un encefalo meno sviluppato (minore quantità = minore qualità) e sia in grado di scambiare un numero limitato di informazioni con i propri simili, condiziona lo sviluppo della specie. Buiatti sottolinea come la tenera età sia il momento più importante per la crescita e lo sviluppo degli esseri viventi quando alcuni geni possono essere attivati o disattivati in modo semipermanente. È classico l’esperimento del topolino che, appena nato, viene lasciato in una stanza buia per una decina di giorni. Una volta liberato alla luce diventa cieco perché non ha avuto la possibilità di attivare il senso della vista.
Riferendosi all’ebraismo e alla questione se ebrei si nasca o si diventi, secondo Buiatti, l’ebraismo, a differenza delle altre religioni monoteiste, è la vera religione del “divenire” piuttosto che del “nascere”, vista la grande importanza che viene data alla discussione e allo studio piuttosto che all’accettazione acritica di alcuni dogmi. Discutere e studiare sono pratiche che determinano un doppio benefico effetto: una gratificazione spirituale (aspetto qualitativo), ma anche l’ampliamento delle dimensioni dell’encefalo e il conseguente potenziamento delle funzioni cerebrali (aspetto quantitativo).

Adam Smulevich