…indagine

Gli israeliani si sentono ancora ebrei? E qual’è l’impatto della storica appartenenza askenazita e sefardita nel gioco dell’identità israeliana contemporanea? Ce lo rivela una nuova indagine dell’Ufficio Centrale di Statistica di Gerusalemme, che ha intervistato 7 mila e 400 persone dai 20 anni in su per scoprire le scelte della popolazione ebraica di fronte alle possibili alternative identitarie religiose, nazionali, regionali o professionali. Con il consolidarsi dello Stato d’Israele, è l’identità di israeliano (43% come prima scelta) che tende a prevalere sull’identità di ebreo (27%). Sappiamo anche che la seconda scelta identitaria è speculare alla prima e quindi il peso complessivo delle due identità principali è quasi identico. Al terzo posto l’identità di un paese o città d’origine (13%), solo quarte quelle etno-regionali (sefardita/askenazita, 12%), e infine un 5% di altre opzioni. L’identità di israeliano predomina fra i nati nel paese (52%) e fra i nati all’estero fuori dall’ex-URSS (34%), mentre gli immigrati dall’ex-URSS preferiscono l’identità di ebreo (50%). Ma la loro identità israeliana cresce con il trascorrere degli anni di residenza in Israele. La scelta fra israeliano e ebreo è fortemente legata alla religiosità: all’estremo dei Haredim, 42% si dicono ebrei e 18% israeliani; al centro moderato tradizionale, 40% ebrei e 31% israeliani; all’estremo dei secolari, 20% ebrei e 50% israeliani. Le sezioni estreme religiose e secolari hanno in comune una certa resilienza dell’identità askenazita, 10% in entrambi i casi, contro l’1% al centro moderato tradizionale. Sembra invece uscire di scena l’identità sefardita/orientale, prescelta solamente dal 7% delle persone originarie dei paesi islamici.

Sergio Della Pergola, demografo, Università Ebraica di Gerusalemme