Tishà be Av…

Nelle letture bibliche che faremo nei giorni prossimi, da sabato a giovedi, 9 di Av, non c’è solo un tema comune legato all’austerità del ricordo, ma anche una parola chiave ricorrente: ekhà, “come?”. La usa Moshè (Devarim 1:12, nella parashà di Sabato mattina) per dire: “come potrò da solo sostenere la vostra fatica e il vostro carico?”; la usa il profeta Yeshaya (cap. 1:21, nel brano usato come haftarà Sabato mattina) per dire: “come ha fatto a diventare una prostituta una città un tempo fedele?”; la usa Geremia all’inizio dei capitoli del suo libro di Lamentazioni, che leggeremo la sera e la mattina del 9 di Av: “come mai siede solitaria la città un tempo popolata?”. Nella scrittura senza vocali la parola ekhà è scritta con le quattro lettere alef-yod-khaf-he. Le stesse lettere compaiono, con vocalizzazione differente, all’inizio di Bereshit (3:9), e vanno lette ayèkka: “dove sei?”, la domanda retorica divina rivolta ad Adamo. Un “dove sei?” che si è drammaticamente trasformato in “come mai?”.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma