…Hélène Berr
Sto leggendo il Diario di Hélène Berr. Ebrea francese, studentessa di letteratura alla Sorbonne, Hélène fu deportata ad Auschwitz nel 1944, e poi a Bergen Belsen dove morì poco prima della liberazione del campo. Come Anna Frank, a cui somiglia nel volto che ci appare nelle vecchie foto riprese nel libro. E come Ettie Hillesun, Hélène si prodigò, tanto nel campo di raccolta di Drancy tanto a Parigi prima della deportazione, nell’aiutare i più deboli del suo popolo martoriato, vecchi, bambini. Il suo diario, pubblicato in Francia e poi in molti altri paesi (in Italia, da Frassinelli), dopo essere stato chiuso per sessant’anni in un cassetto, è un testo bellissimo, scritto con grande vivacità, pieno di poesia e di immagini di vita. Mi hanno colpita più di ogni altra cosa le pagine che Hélène, ancora libera nella sua Parigi, dedica ai momenti in cui è costretta ad attaccare ai suoi vestiti la stella gialla, a girare con quel segno d’infamia addosso, che la isola e la separa dai suoi simili, che la relega nell’ultima carrozza del metro. “Ho tenuto la testa alta e ho guardato dritta in faccia le persone finché non hanno abbassato gli occhi. Ma è stato duro”. Era il 9 giugno 1942.
Anna Foa, storica