Pacifici richiede l’estraddizione di Al Zomar, Frattini frena: “Ci sono delle regole da rispettare”

Riccardo Pacifici, presidente della Comunità Ebraica di Roma, in vista del viaggio di Silvio Berlusconi in Libia ha posto due problemi importanti da includere nell’agenda del premier. “A nome della Comunità Ebraica di Roma chiediamo dove sia il terrorista Osama Abdel Al Zomar, autore dell’attentato alla sinagoga di Roma compiuto nel 1982. E soprattutto che possa scontare la sua pena, l’ergastolo, nelle prigioni italiane”. Questa la prima richiesta di Pacifici al governo italiano e precisa: “Non vogliamo entrare nel merito né nel giudizio se sia utile o meno questo viaggio a Tripoli ma per noi rimane aperto questo problema. Siamo fiduciosi che il premier, amico di Israele e soprattutto della comunità ebraica, non dimenticherà di porlo sul tavolo degli incontri con Gheddafi”. Pacifici ha ricordato che nell’attacco alla sinagoga, oltre a numerosi feriti, morì Stefano Gay Taché “un ragazzino di due anni. Un ebreo italiano colpevole di essere soltanto ebreo. Il palestinese Al Zomar è stato condannato in contumacia dai tribunali italiani nel 1988 ed è stato estradato dalla Grecia in Libia”. Il secondo problema per l’agenda di Berlusconi: la restituzione dei beni sottratti e congelati agli ebrei di Libia cacciati nel 1967 all’indomani della Guerra dei Sei giorni e nel 1970 con l’avvento al potere di Gheddafi. “Un punto – ha concluso – che all’Ambasciata libica di Roma conoscono molto bene e sul quale ci sono stati vari contatti”.
A questo riguardo il ministro degli Esteri Franco Frattini ha replicato: “La Libia è uno stato indipendente e le regole della giustizia libica non hanno previsto finora l’estradizione di Osama Abdel Al Zomar” ha dichiarato il titolare della Farnesina in un’intervista rilasciata a Sky Tg24. E ancora: “”Se noi immaginiamo che la Libia sia uno stato indipendente – ha proseguito Frattini – e che abbia i suoi organi giudiziari, dobbiamo chiedere a quegli organi giudiziari se l’estradizione sia consentita e sia possibile. Ma se pensiamo ancora che la Libia sia una colonia italiana allora ci prendiamo questa persona e ce la processiamo in Italia”. Il ministro degli Esteri, dopo aver sottolineato che l’Italia “non è certo sospetta di non essere amica degli ebrei”, ha spiegato di volere “una giustizia seria, che punisca con grande severità questa persona, se responsabile”, ribadendo però che “ci sono delle regole da rispettare” e che “la Libia ci ha fatto sapere, finora, che questa persona non sarà estradata”.