Mendelssohn, la secolarizzazione e la Svezia

Al grande filosofo Moses Mendelssohn gli ebrei europei devono molto. È stato lui a segnare l’uscita dal ghetto, il passaggio alla modernità; è stato lui a inaugurare la Haskalah, l’illuminismo ebraico, e soprattutto a promuovere l’emancipazione. Mendelssohn voleva che gli ebrei fossero finalmente riconosciuti come “cittadini” e potessero godere pienamente di tutti i diritti. Non è un caso che questi diritti furono concessi in Germania qualche decennio dopo la pubblicazione, nel 1783, del suo libro Jerusalem, ovvero sul potere religioso e sull’ebraismo.
Come fare per avere pari diritti? Per essere riconosciuti come cittadini, pur restando ebrei? Mendelssohn introdusse la distinzione tra sfera civile e sfera religiosa. Scrisse perciò: “Adeguatevi alle leggi e alla costituzione del paese in cui vi trovate; ma conservate la religione dei vostri padri”. Pensò insomma che fosse possibile salvaguardare l’ebraismo in uno stato moderno, che non avrebbe dunque discriminato nessuna religione. Era certo un ottimista. Perché era convinto che l’ebraismo, anche se rinserrato nella sfera privata, avrebbe resistito meglio del cristianesimo agli eventuali attacchi anti-religiosi. Mendelssohn era infatti un ebreo ortodosso che auspicava la emancipazione, non la assimilazione.
Purtroppo si sbagliava! Non solo perché in Germania, come ha sottolineato Lévinas, l’eguaglianza giuridica non ha risolto il problema e lo ha anzi acutizzato, dal momento che gli ebrei non sono stati riconosciuti – proprio lì – come esseri umani. Si sbagliava anche perché la distinzione tra sfera civile e sfera religiosa ha dato il via alla secolarizzazione, un processo ancora in atto ovunque in Europa, ma particolarmente esasperato nei paesi scandinavi. È vero: sono quegli stessi paesi che, in nome della uguaglianza, hanno dato rifugio agli ebrei che fuggivano dal nazismo. Ma ora sono anche quei paesi, come appunto la Svezia, dove la religione è tollerata come un fenomeno interiore e tutto privato, che ciascuno si gestisce da sé, e dove quindi l’ebraismo, che forza i limiti del privato, che testimonia la differenza e la esibisce anche all’esterno, urta contro la secolarizzazione data per scontata e fa riaffiorare antichi e mai sopiti echi antiebraici.

Donatella Di Cesare, filosofa