messaggio…
Nel capitolo ventisette del Deuteronomio è descritta una cerimonia che il popolo ebraico dovrà realizzare al suo ingresso nella Terra di Israele. Tra le varie cose da fare si dovrà scrivere su dodici pietre intonacate, con la calce, tutta la Torà nelle settanta lingue conosciute nella società di allora. La Tradizione rabbinica ci insegna che questa ardua sfida, di trasmettere il messaggio dell’ebraismo all’umanità, presuppone che il popolo diviso tra due montagne, una di fronte all’altra, si guardi tutto nella sua particolarità e nella sua intimità delle dodici tribù. In una società mediatica e planetaria come la nostra ognuno ha l’illusione di essere contemporaneamente in rapporto con l’umanità tutta intera. Ma questa illusione significa spesso anonimato, essere soli e persi. Ecco l’importanza della ricerca di una dimensione più intima, che consenta ai membri di una comunità di conoscersi gli uni con gli altri e che apporti alle persone la coscienza di una vita comunitaria qualificata e stimolante, nel riconoscimento degli uni da parte degli altri. Questo è in sintesi il messaggio profondo che ci ha consegnato l’intenso Shabbat appena trascorso a Trani con i pochi ebrei di Puglia e il formidabile gruppo di aspiranti ebrei di San Nicandro Garganico. Non a caso è stato lo Shabbat nel quale si è letto questo brano della Torà e che ha costituito la premessa alla Giornata della Cultura e al Festival, le nostre attuali sfide di trasmettere l’ebraismo nelle settanta lingue della società odierna.
Roberto Della Rocca, rabbino