Fassino: “L’ebraismo una presenza forte nelle esperienze della mia vita

Ha visitato la Sinagoga Centrale di via Guastalla a Milano, l’onorevole Piero Fassino. Ha ascoltato attentamente la storia della Comunità ebraica milanese e le spiegazioni sul significato del mese di Elul, l’ultimo del calendario ebraico. Ha incontrato i ragazzi dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia e il loro presidente, Daniele Nahum. Si è discusso di Israele e politica estera, ma anche dell’integrazione delle minoranze in Italia, e del contributo che gli ebrei italiani possono offrire. A conclusione di questo momento, l’onorevole Fassino, esponente di spicco del Partito Democratico, nonché uno dei promotori del movimento di Sinistra per Israele, accetta volentieri di raccontare qualcosa di più del suo fortissimo rapporto con l’ebraismo, e con lo Stato ebraico, che è anche parte della sua storia personale e familiare.
Onorevole Fassino, come nasce il suo legame con l’ebraismo?
L’ebraismo è sempre stato presente in modo forte nella mia vita. Io sono cresciuto in una famiglia torinese di tradizione antifascista. Nella mia città, storicamente, la Comunità ebraica è sempre stata molto legata ai movimenti di sinistra. Quando ero bambino, ricordo gli amici ebrei di mio padre che riempivano la casa. Anche nel mio percorso politico ho mantenuto legami di amicizia molto forti con le comunità ebraiche italiane e con Israele.
C’è qualcosa di particolare, come una persona, un episodio, un libro, che può simboleggiare questo rapporto?
È difficile dirlo, ma dovendo scegliere, c’è un ricordo che mantengo particolarmente vivo. Si era nel 1967, all’indomani dello scoppio della Guerra dei Sei Giorni, momento in cui si produsse una frattura terribile tra Israele, che era appoggiato dagli Americani e la sinistra, che prese le parti degli Stati arabi supportati dall’Unione Sovietica. Ricordo che una sera si radunarono a casa nostra molti amici di religione ebraica di mio padre, pieni di apprensione e commozione per quanto stava accadendo, ma anche per il conflitto tra la loro identità ebraica e quella di uomini di sinistra. Insieme scendemmo per le vie di Torino, in una fiaccolata di solidarietà a Israele organizzata dalla Comunità ebraica. Non dimenticherò mai l’emozione dei loro volti, e nemmeno la tensione ideale che vi albergava.
Da un punto di vista di vista culturale, non posso non citare, tra i miei autori preferiti, Amos Oz, Isaac Bashevis Singer, e molti altri, che mi hanno consentito di capire meglio il vissuto e i sentimenti ebraici, e come Israele rappresenti il simbolo di questa identità.
A proposito di Israele, lei c’è stato numerose volte. Cosa vede di diverso in questo paese rispetto a quello che mostrano i media?
La prima cosa che mi colpisce di Israele è il suo cosmopolitismo.
È incredibile come gente proveniente da ogni angolo del mondo riesca non solo a convivere in uno stesso Stato, ma a condividerlo pienamente, nonostante le differenze di origine e di cultura. Ammiro il fatto che l’ebraismo sia riuscito a dare loro una base comune così forte da essere capace di costruire un’identità profonda, ma allo stesso tempo piena di dinamismo. E ammiro Israele perché, pur avendo costruito l’identità della propria popolazione su un fattore religioso, offre un grande esempio di laicità e democrazia.
Penso che l’Italia potrebbe imparare molto da Israele, soprattutto in questo momento in cui, nel nostro paese, la questione del rapporto con lo straniero e con le minoranze è diventata centrale.
Parlando del nostro paese, in questi giorni è stata celebrata la Giornata Europea della Cultura Ebraica, che qui riscuote un successo incredibile. Lo scorso anno delle 200 mila presenze in tutta Europa, 50 mila sono state registrate in Italia. Come commenta questo dato?
Un dato senz’altro confortante. Confortante perché significa che la minoranza ebraica in Italia è viva e la sua attività è capace di stimolare interesse e vicinanza nella società italiana. E confortante anche perché dimostra come la società italiana sia lieta di accogliere gli strumenti di conoscenza e di accettazione dell’altro che la comunità ebraica le offre, e che rappresentano un contributo inestimabile nella lotta contro ogni forma di razzismo e xenofobia.

Rossella Tercatin