Qui Livorno – Un anno per la responsabilità collettiva

Hag Sameach, Shanà Tovà. Quest’anno il primo giorno di Rosh haShanà cade di sabato, e di sabato non possiamo suonare lo shofar. Resta però l’obbligo di ricordare lo shofar nel nostro cuore. Qual è dunque il significato dello shofar? Ci sono molte spiegazioni, ma l’opinione accettata da tutti i maestri è che lo shofar debba risvegliare con il suo suono le coscienze e ricordare il “sacrificio” di Isacco. Si chiedono i maestri se per ricordare il sacrificio di Isacco non fosse meglio qualche simbolo più diretto – il coltello, o ancora la corda della legatura – mentre lo shofar è soltanto una piccola parte dell’animale che ha preso il posto di Isacco nel sacrificio. Se ne deduce che, più del “sacrificio” di Isacco, noi vogliamo ricordare che Kadosh baruch hu non vuole sacrifici umani e per questo ha cambiato l’uomo con l’animale. Lo shofar, il corno dell’ariete, ci impartisce questo insegnamento, perché è scritto che “il signore non desidera la morte del peccatore ma che cessi il peccato”, e nel yom hadin abbiamo l’occasione di cambiare il nostro destino. Noi sappiamo che D. giudica ogni comunità secondo le azioni della maggioranza. Per questo dobbiamo essere uniti in questo giorno e perdonare l’uno all’altro. Un’antica tradizione di Gerusalemme vuole che tutti dicano a se stessi: “Machul – perdoniamo!” Anche noi diremo insieme: “perdoniamo”, ognuno al suo prossimo. Ma non possiamo contare solo sui giusti che sono in mezzo a noi, perché ognuno viene anche giudicato per il proprio comportamento, pertanto ognuno deve aiutare il gruppo comportandosi da giusto. Il Midrash racconta un episodio: ogni persona della comunità doveva portare un secchio di latte per riempire una cisterna durante la notte. Una persona decise: “Io porterò un secchio d’acqua, tanto nessuno se ne accorgerà perché si annullerà nel latte”. Al mattino, aprendo la cisterna, ci si accorse che era piena solo d’acqua perché tutti avevano pensato la stessa cosa. Ecco cosa intendiamo per responsabilità collettiva e al tempo stesso individuale. Preghiamo perché Kadosh baruch hu ci iscriva nel libro della vita, della salute e della pace.
Amèn.

Rav Yair Didi, rabbino capo di Livorno