Sukkot…
Gli arbà minim, le quattro specie vegetali che agitiamo durante la festa di Sukkot, tra le quali spicca il lulav, il ramo di palma, rappresentano un enigma interpretativo. La tradizione ha proposto numerose spiegazioni, ma si sa che quanto più numerose sono le spiegazioni tanto più la domanda rimane aperta. Su un punto però c’è una generale concordanza: che si tratti dell’unione di parti diverse di un intero, che sia questo il corpo umano (colonna, occhi, bocca, cuore), la comunità d’Israele (dove ci sono i giusti, gli imperfetti e quelli senza alcuna virtù), il Sinedrio (nelle sue diverse componenti), gli attributi e/o le lettere del nome divino e così via. Il senso è che bisogna ricomporre l’unità; un gran bel messaggio, ma non esente da problemi. Perché se si mettono insieme i diversi, di cui alcuni non tanto buoni, dovremmo sperare che che ci sia un miglioramento complessivo. Ma perché questo succeda, i “buoni” devono avere la forza per influenzare gli altri, e non è detto che ci riescano. Per questo alcuni commenti, che pure esaltano il valore dell’unità, ci vanno cauti a idealizzarla del tutto e sottolineano, forse con un certo humour, che il cedro debba essere unito agli altri tre vegetali (che sono tra loro legati) solo nel momento della berakhà, della benedizione.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma