..Simenon

Che Simenon sia stato un antisemita, era cosa nota. Noti sono i suoi legami con i collaborazionisti francesi, che gli costarono anche l’avvio di un procedimento giudiziario nel 1945. Noto è anche come, dopo la Liberazione, lo scrittore abbia preferito lasciare per un poco il Paese. Poi, tutto fu perdonato e rimosso, nel grande successo delle sue opere. Anche i documenti ritrovati recentemente e pubblicati da Panorama, nulla aggiungono a questi fatti: lo scrittore fa precedere alla sua richiesta di diritti d’autore l’invio di un certificato di arianità. La data è quella del gennaio 1942, nel luglio sarebbero iniziate le deportazioni. Ma molto più significano per definire l’antisemitismo di Simenon, e per coglierne il senso più generale, le notazioni sparse nei suoi libri. E’ un antisemitismo che si compenetra con il mondo che racconta, che gli è suo. Che ne fa parte integralmente, senza frizioni. Gli ebrei avidi e alieni che si delineano hanno come sfondo i grigi della campagna francese, la sua alta borghesia tradizionalista e vandeana, la sua piccola borghesia piena di egoismi e rancori, i contadini chiusi e diffidenti. Leggendolo capiamo il clima che circonda l’Affaire Dreyfus, capiamo le invettive sanguinarie di un Celine, e capiamo anche perché i bambini ebrei nascosti da famiglie “ariane” siano stati in Francia in gran parte obbligati a convertirsi, a differenza che in Italia. Un antisemitismo antidreyfusardo, che non ha smesso di esistere dopo la Shoah, che emerge negli scritti di Simenon anche dopo il 1945, che si è nutrito a lungo di un cattolicesimo chiuso e tradizionalista, di cui ancora emergono chiare le tracce nella Francia profonda delle province.

Anna Foa, storica