Opinioni – Israele, “valori da difendere a ogni costo”
Leggo sull’Unione Informa la lettera del signor Massimo Bassan in cui chiede la mia censura o sconfessione per la colpa di esprimere nei miei commenti alla rassegna stampa “opinioni assolutamente personali” e inoltre “assai discutibili”, che non esprimono una “voce ufficiale dell’Ucei”, un commento ufficiale come piacerebbe a Bassan, cioè qualcosa di simile alle “veline” del Minculpop fascista (o piuttosto nel suo caso dell’equivalente stalinista). Ringrazio il direttore Guido Vitale per la risposta che ha rimesso le cose a posto sul piano del metodo: un commento firmato è “personale” per definizione, rappresentando il libero punto di vista di chi lo scrive. Mi sembra però giusto aggiungere che c’è un problema di merito. Quel che ha scandalizzato il signor Bassan era una citazione da un’intervista ad Anna Foa in cui si leggeva che con Israele non si identifica affatto “la parte più acculturata del mondo ebraico” ma solo “quella maggioranza di ebrei europei che non va sui giornali e che non partecipa al dibattito culturale”, gli ignoranti, insomma, dato che per loro “gioca ancora oggi un forte ruolo il trauma della Shoà che non è ancora sanato”. Dunque secondo l’articolo, i non acculturati si identificano con Israele solo perché non hanno “sanato” il trauma della Shoà. A me “personalmente” questa sembra un’idea pazzesca e offensiva, tanto che concludevo il mio pezzo così: “Sono affermazioni preoccupanti, immagino deformate nell’intervista, che forse meritano una rettifica.” La rettifica non lo abbiamo letta, in cambio è arrivata la lettera del signor Bassan. Cui mi permetto di chiedere: crede, come pare dalla sua reazione censoria, che sia proprio giusto dividere gli ebrei in (1) “acculturati” “non schiacciati su Israele” e (2) “non acculturati” identificati su Israele ma solo per via del famoso “trauma non sanato”? E’ questa l’Ucei che desidera, lui che ha fatto il delegato all’ultimo congresso e il presentatore della lista dei giovani alle ultime elezioni romane: divisa in intellettuali e ignoranti, solo questi ultimi per Israele, in quanto traumatizzati, magari un poco handicappati? Io sarò “polemico”, mi sbaglierò, ma per non saper né leggere né scrivere penso invece che gli ebrei italiani in grande maggioranza amino e ammirino come me lo Stato di Israele, si identifichino profondamente con esso come una delle cose più preziose della nostra storia millenaria, da difendere a ogni costo; e custodiscano la memoria della Shoà come un dovere nei confronti delle vittime e un compito verso le nuove generazioni.
Ugo Volli