…storici
La storia appassiona molte persone, di mestiere e non di mestiere. Spesso quando si accende la discussione la domanda non è riuscire a conseguire più conoscenza del passato, ma trovare il modo di dare ordine al proprio rapporto con il passato. Mi sono fatto l’idea che ciò che connota l’indagine sul passato riguardi due questioni: il passato come oggetto della conoscenza (dunque eventi, fatti, date) e il presente come luogo della conoscenza (dove si raccolgono i materiali e si elaborano le rappresentazioni del passato). Ciò che è prevalente nella discussione tra gli addetti ai lavori – insomma gli storici – non è il primo processo conoscitivo, ma il secondo, anche se il primo svolge un ruolo non indifferente. Infatti mentre il primo è una procedura che risulta comprensibile e problematica solo alla luce delle questioni che sono poste dal secondo il secondo risulta comprensibile solo se spiega non solo quali fonti e quali documenti usa, ma anche come li usa, come li legge, e come li mette in una “serie orientata”. Per un’ironia della storia, molti non storici, ovvero senza una competenza professionale, quando discutono di storia sono convinti non solo che non esista una differenza (spesso non percepiscono nemmeno che esista il secondo processo) ma che il problema del lavoro dello storico sia solo il primo e che dunque sia sufficiente trovare il “documento giusto” per risolvere l’intera questione. Non è così. Così come non c’è “L’uomo della provvidenza”, non c’è neppure il “documento giusto”.
David Bidussa, storico sociale delle idee