Qui Roma – Musica, canti yiddish e tanti amici nella serata in ricordo di Alberto Nirenstein
Un invito a conoscere e a studiare la Resistenza ebraica è stato lanciato dal Presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici in occasione della serata dedicata alla memoria di Alberto Nirenstein, giornalista, scrittore, combattente per la libertà, un uomo che seppe non soltanto credere in un ideale, ma anche combattere per questo e per le proprie idee.
Alla serata dedicata ad Alberto Nirenstein, hanno preso parte lo psicologo e direttore del Master in didattica della Shoah David Meghnagi, Ernesto Galli della Loggia editorialista del Corriere della Sera e professore Ordinario di Storia Contemporanea e il giornalista Luciano Tas.
Fra il pubblico seduto in sala era presente ovviamente la famiglia di Alberto Nirestein, le figlie Fiamma (giornalista e deputata del Pdl), Susanna (giornalista per La Repubblica), Simona musicista e musicoterapeuta, e la moglie Wanda Lattes oltre che Olga D’Antona (deputata del Pd).
La serata organizzata dal Master internazionale di didattica sulla Shoah,che ha raccolto studenti arrivati da ogni parte di Italia, e dal Centro di Cultura Ebraica, ha ripercorso non soltanto la storia personale avventurosa e appassionante di Alberto Nirenstein, ma anche, attraverso musiche e letture, la sua carriera di scrittore e le sue passioni. I canti in yiddish eseguiti da Miriam Meghnagi, hanno rievocato la lingua natale di Alberto Nirenstein oltre che la cultura di un mondo scomparso, quella dello shetl polacco in cui era nato a Baranow nel 1915, con il quale l’unico legame possibile a seguito della distruzione nazista era quello nostalgico.
Come sottolineato da David Meghnagi, Alberto Nirestein fu uno storico antesignano della ricerca sulla Shoah, ma di una ricerca condotta sul campo, caratterizzata da un forte pathos. Basti ricordare il più importante degli scritti storiografici di Alberto Nirestein “Ricorda cosa ti ha fatto Amalek” in cui la ricostruzione storiografica si fonde con l’imperativo ‘ricorda’ della tradizione ebraica,divenendo un dovere morale.
Della sua prosa Meghnagi ha sottolineato la capacità semantica, la ricchezza apportata nel linguaggio dalla contaminazione linguistica, dalla sovrapposizione fra la lingua polacca natia, lo yiddish e la la lungua italiana ospitante. Tutto ciò conferiva alla sua prosa una inconfondibile polisemia.
Ed effettivamente ascoltando la lettura di brani tratti dai suoi libri si resta sorpresi dalla capacità di descrivere l’atrocità mischiando la durezza realista dell’orrore e la compassione.
La moglie Wanda Lattes, che conobbe Alberto Nirenstein a Firenze quando quest’ultimo si arruolò nella Brigata Ebraica risalendo l’Italia per combattere i nazisti dopo lo sbarco avvenuto a Salerno, ha sottolineato la sua capacità di storico della Shoah, mai abbastanza riconosciuta. Ricordando di come negli anni ’60, tutto ciò che oggi sembra acquisito nella didattica del ricordo e del racconto della Shoah, in realtà fu allora il frutto di una ricerca pionieristica, fra l’altro condotta sulle fonti direttamente a Varsavia, dove Alberto Nirenstein fu tenuto prigioniero per 4 anni dopo la fine della guerra, quando vi tornò per raccogliere documenti. Proprio a Varsavia, Alberto Nirestein potè guardare in faccia la catastrofe nelle rovine del ghetto e ricercare piani di trasporto Hitleriani, i documenti della resistenza ebraica e delle cariche politiche cittadine che collaborarono con i nazisti.
Sia Ernesto Galli della Loggia che Luciano Tas hanno sottolineato tratti del carattere di questo studioso fuori dalle convenzioni, ricordandone la vita avventurosa, la fuga dalla Polonia occupata dai nazisti e l’arrivo nella Palestina del Mandato britannico fino all’arruolamento alla Brigata Ebraica.
Daniele Ascarelli