La caduta del Muro di Berlino e l’opposizione ebraica ai regimi che negarono la libertà dell’Europa

Con la caduta del muro di Berlino la Germania festeggia oggi la riunificazione. Ma questa data segna anche la fine della dittatura della DDR e della sua inquietante storia. A preparare la caduta del muro non furono solo le numerose proteste degli anni ’80. Già al 17 giugno del 1953 risale la prima grande protesta operaia, nel settore orientale di Berlino, per ottenere libere elezioni. Forse già allora la dittatura sarebbe crollata se non fossero intervenute le truppe sovietiche. La costruzione del muro il 13 agosto del 1961, rimarcando il confine tra le due Germanie, rinsaldò il regime della DDR. Su quel che avvenne in quegli anni la riflessione è ancora ai primi passi. Eppure una cosa sembra certa: che dopo la caduta del muro è stato aperto un nuovo capitolo nei rapporti fra la Germania e Israele. Sebbene nella DDR fosse ufficialmente vietato, l’antisemitismo si manifestava nella politica ostile allo Stato di Israele, che non fu mai ufficialmente riconosciuto, e nel rifiuto di pagare i risarcimenti agli ebrei che erano stati costretti ai lavori forzati. Un’ammissione di colpa giunse molto tardi, dopo la caduta del muro, il 12 aprile del 1990, e fu la decisione presa da un parlamento eletto democraticamente. Ma anche la vita dei pochi ebrei rimasti nella DDR fu molto dura. L’astratto ideale della uguaglianza di tutti si traduceva nel tentativo di cancellare ovunque la “differenza ebraica”, convincendo gli ebrei, con metodi più o meno violenti, ad abbandonare la propria tradizione e la propria forma di vita per essere accettati. Malgrado ciò – e questo forse non è abbastanza noto – furono negli anni ottanta proprio le poche comunità ebraiche a sostenere apertamente l’opposizione.

Donatella Di Cesare, filosofa