Qui Torino – Il convegno interreligioso Ecumenica Rav Somekh: “Sì al dialogo, ma manteniamo le identità”

Nei locali della chiesa valdese di Torino, istituzione storicamente impegnata, sul territorio, nelle questioni inerenti la laicità e nel confronto fra le differenti religioni, si è tenuto il convegno internazionale e interconfessionale “Luoghi della fede: visibilità, legittimità, arte”. Il pluralismo religioso delle nostre città è un dato assodato e confermato, è il risultato di un processo del tutto irreversibile. Questo quartiere, San Salvario, ne è esempio vivente: a un isolato dalla chiesa valdese in cui si svolge il convegno sorge la sinagoga, e qui è anche il centro dell’immigrazione araba nella città sabauda. Prendere seriamente atto di ciò comporta l’esigenza di porsi nuove domande, di avviare un confronto continuo e costruttivo tra gli esponenti di diverse fedi. È con questo intento che “Ecumenica” (Centro di documentazione di cinema e televisione a tematica religiosa e spirituale), svolge la sua attività, ormai da diversi anni: ha realizzato attività culturali e informative con la collaborazione e il diretto coinvolgimento di qualificati esponenti ed esperti delle confessioni religiose presenti sul territorio, in un clima di reciproco rispetto e confronto positivo e propositivo che si è progressivamente consolidato; promuove e organizza annualmente iniziative atte a favorire confronti e conoscenza presso i più vasti strati di pubblico, come seminari, convegni, conferenze, presentazioni di libri e prodotti cinetelevisivi.
Quest’ultima iniziativa ha visto la partecipazione di esponenti e ministri di culto di moltissime religioni: presenti all’appello c’erano la Chiesa valdese (padrona di casa), la Chiesa cattolica, la Chiesa ortodossa romena, la Comunità ebraica, la Comunità islamica, l’Unione buddista italiana, l’Unione induista, la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni, la Comunità Baha’i e anche diversi enti e movimenti laici.
Per la comunità ebraica ha parlato il Rabbino capo di Torino Alberto Somekh: “Perché Dio – s’interroga Somekh – ha creato tante religioni? Perché esse testimoniano, con stili differenti, lo stesso messaggio unitario di fondo”. Sottolinea però l’importanza, per quanto riguarda la tradizione ebraica, “di mantenere salde e visibili le peculiarità della propria religione: per questo – spiega – alla stele, punto di riferimento religioso aperto e inclusivo, si sostituisce il tempio, le mura che delimitano, che separano l’interno dall’esterno. Emerge quindi un’esigenza di esclusività, l’istanza che gli ebrei hanno prima subito e poi introiettato”. “Oggi – continua – anche questa fase è superata, siamo giunti ad una sintesi: viviamo al fianco a molte altre religioni e culture, dialoghiamo con loro, ma manteniamo uno spazio riservato. Non ci nascondiamo, siamo liberi e fieri di manifestare la nostra particolarità, per esempio con luoghi di culto grandi e visibili”. Il diritto ad luogo di preghiera per tutte le minoranze religiose è uno dei temi principali del convegno: “Ma ad ogni diritto corrispondono dei doveri – conclude Somekh. Visibilità è sinonimo di trasparenza: chi pretende di avere in concessione un ruolo di riunione deve garantire la massima trasparenza, si deve poter sapere ciò che vi viene detto o fatto. È giusto che il sermone sia in italiano: noi, in sinagoga, preghiamo ovviamente in ebraico, ma la derashà (il discorso del rabbino) è in italiano, perché non c’è nulla da nascondere”.

Manuel Disegni