…omologazione
Non stupisce il successo, in Inghilterra, del presentatore sfigurato dal fuoco apparso per una settimana a presentare il telegionale del quinto canale TV. Il suo volto, ricostruito da cinquanta interventi, dopo l’incidente stradale che trent’anni fa lo aveva distrutto, rivela intelligenza, ispira fiducia e simpatia. Dietro il suo volto è la bellezza della sofferenza, della storia individuale. E’ la differenza dagli altri volti. Aldo Grasso scrive, sul Corriere, che sono piuttosto i volti resi uniformi dai chirurghi estetici che bisognerebbe vietare. Ha ragione. Il problema è che l’omologazione è arrivata ormai ai lineamenti fisici, non paga del trucco e dell’abbigliamento. Scompare l’individualità, il fatto di essere riconoscibile dai propri tratti. Questa omologazione assomiglia un po’ alla lebbra, malattia che distrugge i tratti e che nell’antichità e nel Medioevo era considerata una punizione divina, perché era una “malattia dell’anima”. Ora, il desiderio di essere tutti uguali, tutti belli, tutti levigati dal look o dalla chirurgia, distrugge, come una lebbra, l’individualità. Impedisce all’anima di apparire nei tratti del volto. O forse, è perché non c’è nessun’anima da rivelare?
Anna Foa, storica