Qui Torino – Sionismo, fra liberazione e creazione

“Il giorno della liberazione” ricorda Sergio Minerbi (nella foto a fianco) “ero nascosto nel collegio cattolico Salvatore Magno. Mi salvarono la pelle” e aggiunge con un sorriso “ma, dal loro punto di vista, non mi salvarono l’anima”. Inizia in una Roma festante ed effervescente la storia del giovane Minerbi e del suo rapporto con il movimento Hechaluz, tema al centro di uno degli incontri del Convegno internazionale “Culture del sionismo”. “Ben presto” racconta Minerbi, internazionalista dell’Università di Haifa ed ex ambasciatore israeliano a Bruxelles “incontrai i soldati della Brigata Palestinese con cui iniziai a stringere amicizia. Spesso li invitavo a casa e da loro imparai un’infinità di cose”. Da quelle conversazioni si deciderà molto del suo futuro. “Volevo combattere le idee cristallizzate nella società, già allora non sopportavo i conformismi” confida Minerbi “la mia era una ribellione contro i genitori, contro le ipocrisie”. Inizia ad occuparsi del giornale Hechaluz, partecipa al seminario di Pitigliano e al congresso di Nonantola. Condivide quello spirito nuovo, propositivo proprio del movimento, incontra Leo Levi “un genio in ebollizione – racconta Minerbi – si occupava senza sosta dei giovani, cercando di coinvolgerli. Assieme ci dedicammo a creare contatti con le piccole comunità perché non rimanessero isolate”.
Lo sguardo però è rivolto a Israele e l’occasione per l’Aliyah arriva nel 1947 “Avevo diciotto anni. Discutevamo chi dovesse andare in Eretz Israel per partecipare a un congresso. Io ero l’ultimo della lista, ma dalla mia parte avevo Raffaele Cantoni, socialista, dirigente del Delasem (Delegazione per l’assistenza degli emigranti ebrei)
e presidente nel dopoguerra dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Dopo una serie infinita di discussioni e con un po’ di fortuna riuscì ad aggregarmi al gruppo”.
In Israele Minerbi entra nel Kibbutz Arzì ed è lì quando viene votata la risoluzione Onu che sancirà la creazione dello stato ebraico “eravamo tutti in refettorio, o meglio io non ero con gli altri. Ascoltavo via radio la votazione: trentatré a favore, tredici contro e dieci astenuti. Subito corsi verso il refettorio ed entrai urlando –abbiamo uno Stato-”.
Il resto, come si suol dire, è storia. Il viaggio di Minerbi termina in Israele. Ma il tema del binomio Israele – Italia nel convegno di Torino non si conclude con il suo intervento. Alberto Cavaglion, docente di Storia contemporanea all’università di Firenze, racconta al pubblico della splendida sala di Palazzo Granieri della Roccia, il viaggio a Gerusalemme di alcuni dei più grandi personaggi della letteratura italiana del Novecento. Primo Levi, per esempio, che visiterà assieme ai partigiani un kibbutz, dipingendolo come un buon esperimento socialista. Sul suo soggiorno in Israele, Ennio Flaiano, scrittore, giornalista e sceneggiatore, scriverà addirittura tre saggi “comprendendo in modo sottile e acuto i nodi di una società in divenire come quella israeliana” spiega Cavaglion che aggiunge “Fliaiano capì,entrando in contatto con le persone, che vi era una diffusa sensazione di nostalgia per l’Europa, sia fra i sabra quanto, evidentemente, fra coloro che di europee avevano le origini”.
Montale invece, andato in Israele come inviato del Corriere e al seguito del papa, è colpito dalla lingua “secondo lui” sostiene Cavaglion “il baricentro della società israeliana è l’ebraico e in particolare Montale è impressionato dall’uso del tempo verbale”. L’ebraico sarebbe una lingua del presente ma con un forte legame, a tratti oneroso, con il passato.
Infine Pasolini, di cui il professor Cavaglion ha scritto su “Pagine ebraiche”, che va in Israele per girare il Vangelo secondo Matteo e di quel brevissimo soggiorno, dieci giorni, scriverà un’infinità di articoli, appunti, lettere. Toccanti e dure saranno le parole di Pasolini quando, all’indomani della guerra dei sei giorni, vedrà la sinistra italiana spaccarsi in pro e contro Israele, in particolare il grande scrittore e regista condannerà coloro che sceglieranno di stare incondizionatamente da una parte. Pasolini scriverà “scegliere con il dubbio è la sola umana di tutte le scelte”.

Daniel Reichel