Qui Venezia – L’affascinante storia degli ebrei di Corfù nella trentaquattresima giornata di studio a Venezia
“Yudim de Yavan, ebrei tra Venezia e Corfù” è il titolo della trentaquattresima giornata di studio che si è svolta a Venezia, un’occasione unica per celebrare il professor Cesare Vivante e il suo libro “La memoria dei padri”, grazie ai contributi di alcuni esimi professori intervenuti sul tema. Dopo i saluti iniziali del Presidente della comunità ebraica di Venezia, Vittorio Levis agli ospiti e alle autorità presenti, è intervenuto l’avvocato Augusto Salvadori, Assessore al Turismo e al Decoro del comune di Venezia che ha ricordato quanto la Comunità Ebraica da sempre sia legata alla Serenissima, una comunità internazionale, ricchissima nella sua realtà composita, fedele a Venezia nonostante le limitazioni imposte. Un aiuto economico indispensabile nelle guerre che la dominante dovette sostenere nei secoli.
In una sala Montefiore oltremodo gremita, il moderatore Reinhold Mueller, professore di storia medievale economica e sociale all’università Ca’ Foscari di Venezia, ha dato il via ufficiale alla giornata introducendo in breve i relatori e il primo intervento dedicato alla preistoria della dominazione veneziana a Corfù tra il XIV e il XV secolo a cura di Renata Segrè, Professoressa della Tel Aviv University e in particolare alle ricerche d’archivio sulle prime attestazioni ebraiche in area ionica.
Degli ebrei corfioti e del commercio internazionale della prima età moderna, ha parlato Benjamin Arbel professore di storia moderna, economica e sociale, alla Tel Aviv University. Arbel ha delineato le fasi che permisero agli ebrei corfioti di occupare ruoli sempre più importanti nel commercio marittimo. Importante da ricordare è come cambiò il ruolo di Corfù nel sistema economico veneziano, grazie allo sviluppo di un’intensa attività commerciale relativa allo scambio di prodotti di origine balcanica come la cera, il cuoio e specifiche stoffe. Infine del commercio dell’olio che diventerà nel ‘600 una componente fondamentale dell’economia isolana.
Una parte consistente della mattinata è stata dedicata ad una tavola rotonda sul libro di Cesare Vivante “La memoria dei padri” con gli interventi di Giovanni Levi, Ennio Concina, Gilberto Penzo e Gabriele Mancuso. Una storia di memoria familiare, ma anche di una vera e propria ricerca storica, coniugando alla ricerca personale le metodologie della ricerca documentale. Con Giovanni Levi, professore di storia all’università Ca’Foscari di Venezia, si è parlato di com’era la vita a Corfù e di come fosse difficile vivere in un contesto dominato da un forte disordine sociale, un paese selvaggio difficile da contenere anche per la potente Venezia. Gilberto Penzo ha incentrato invece il suo intervento sull’analisi specifica dei materiali elencati negli inventari relativi alle navi degli armatori Vivante. Dai semplici materiali marittimi ad insoliti oggetti utilizzati nelle cucine di bordo delle oltre 20 imbarcazioni citate. Un lavoro di ricerca indubbiamente esemplare.
Dello stesso avviso è stato Ennio Concina, professore di storia dell’arte bizantina all’università Ca’ Foscari di Venezia, che ha definito il libro in questione un “Nostos”. Un ritorno alla storia d’una famiglia, ma anche il ritorno ad un mito di un’isola felice che accolse la popolazione ebraica e grazie ad essa conobbe secoli di florido sviluppo. Gabriele Mancuso, ebraista, musicista e professore della Boston University, ha commentato invece la lista, da lui redatta in appendice al volume, dei testi ebraici ritrovati negli elenchi della famiglia Vivante. Testi di grammatica, mistica e Torah che vanno a delineare un contesto culturale solido non solo di una famiglia, ma di una comunità intera. Un legame indissolubile con la tradizione ebraica e con le correnti cabalistiche, spesso poco visibili, ma decisamente presenti a Venezia.
Nel pomeriggio, ha preso la parola Donatella Calabi, docente di Storia della città presso l’Università IUAV di Venezia, sostituendo il professor Mueller nella conduzione della discussione. Nell’ambito di una ricerca comparata realizzata tra storici dell’architettura su scala nazionale era stata proposta Corfù come esempio significativo di città cosmopolita. Tra fine ‘800 e lnizi del ‘900 la città aveva infatti subito una serie di interventi monumentali e di ampliamento atti a dare ordine a quella città selvaggia, dove coabitarono in maniera assai poco conflittuale greci, veneziani, pugliesi, austriaci, ungheresi ed ebrei.
L’intervento del Professor Alfredo Viggiano, docente e ricercatore di Storia Moderna all’Università di Padova, ha posto l’attenzione sulla particolare congiuntura storica che fa da contorno alle vicende narrate nel libro evidenziando il rapporto controverso tra Venezia, la dominante e le isole Ionie, attraverso fonti, nello specifico trattati e relazioni scritte sul governo non solo delle isole Ionie, ma di tutta una zona inquieta che dall’Albania veneta coinvolge il Montenegro, il Peloponneso e la giurisdizione delle isole Ionie.
Riallacciandosi al contributo precedente Photis Baroutsos, professore di storia moderna alla Ionian University di Corfù, ha approfondito le caratteristiche della convivenza tra ebrei e cristiani a Corfù, con un’analisi storica della città e del quartiere a loro dedicato, portando alcuni esempi di limitazioni e di privilegi a cui erano soggetti gli ebrei corfioti sudditi di Venezia, dei mestieri che potevano svolgere, degli incarichi di rilievo che negli anni vennero attribuiti a personaggi di spicco della comunità ebraica locale.
Riguardo alle radici e all’eredità dell’ebraismo corfiota è poi intervenuto Fabrizio Lelli , professore di ebraico all’università di Lecce e profondo conoscitore dell’ebraismo pugliese. Lelli ha cercato di ristabilire l’identità dell’ebraismo salentino, tra i più antichi dal punto di vista di insediamenti nella diaspora occidentale, a partire da alcune ricerche manoscritte. Infatti una parte dell’ebraismo corfiota proveniva di fatto dalla Puglia, ma non si parla di una situazione stanziale, si erano infatti trovati in Puglia nel ‘500 di passaggio, attirati dalle condizioni favorevoli instaurate dagli aragonesi nel regno di Napoli, per poi dirigersi a Corfù, sotto il dominio tollerante della Serenissima.
In chiusura della giornata, l’intervento di Rav Elia Richetti sul rito corfiota, fondamentalmente un rito spagnolo con una qualche lieve influenza italiana legata alle comunità ebraiche della Puglia. La posizione strategica dell’isola ha portato gli ebrei corfioti ad intrattenere rapporti con le comunità situate più ad est, come Salonicco e Rodi. Grazie a queste molteplici contaminazioni ancora oggi possiamo ascoltare alcuni canti liturgici sinagogali in ebraico, italiano, spagnolo e greco.
Michael Calimani