Qui Lugano – La Svizzera sotto choc dopo il referendum

Referendum anti-minareti. Mentre i giornali di mezzo mondo continuano a dedicare ampio spazio all’argomento (nell’immagine la moschea di Zurigo), per i cittadini e per la classe politica svizzera è arrivato il momento della riflessione. Come si è potuti arrivare a un risultato del genere? Quali saranno le conseguenze di questo voto? Sono in tanti a chiederselo. Intanto, a molti pare evidente che l’appello alla vigilia del voto di Hans Rudolf Merz, presidente della Confederazione, sia caduto nel vuoto. “Siate aperti e tolleranti”, aveva detto. I fatti hanno dimostrato il contrario. “Non penso che il voto rispecchi un rifiuto della comunità musulmana – prova a gettare acqua sul fuoco il ministro degli Esteri Micheline Calmy Rey – ma piuttosto il timore nei confronti di possibili derive estremiste”. Tenta di sdrammatizzare anche il consigliere federale Moritz Leuenberger. “La lotta per la libertà religiosa – ha spiegato – è sempre stata un processo molto lungo per la Svizzera, come nel caso del percorso per arrivare ad una convivenza pacifica tra cattolici e protestanti e in quello del riconoscimento dei diritti della comunità ebraica”. Il ministro della Giustizia Eveline Widmer-Schlumpf, che nei mesi scorsi si era duramente opposta alla campagna promossa dal partito della destra populista dell’Udc e della destra cristiana dell’Udf, si fa portavoce del Consiglio federale: “Riteniamo che il divieto di costruzione di nuovi minareti non sia un mezzo possibile per contrastare le tendenze estremiste. Questa decisione, comunque, concerne soltanto la costruzione di nuovi minareti e non deve essere vista come un rifiuto della comunità musulmana, della sua religione e della sua cultura”. È infuriato Ueli Leuenberger, presidente dei Verdi: “I musulmani non hanno ricevuto solo una sberla, ma addirittura un pugno in faccia”. E intanto annuncia che il suo partito esaminerà la possibilità di fare ricorso alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo. Sulle implicazioni che questa votazione potrebbe avere nei rapporti con il mondo arabo si sofferma Jacques Neyrinck, consigliere nazionale del Partito Popolare Democratico, che ha messo in guardia sulla possibilità che i paesi islamici decidano di boicottare i prodotti “made in Switzerland”. “Le perdite potrebbero essere miliardarie”, il suo commento. Preoccupazioni che sono condivise anche dai vertici del Partito Liberale Radicale e del Partito Socialista, che avvertono: “l’Unione Democratica di Centro ha giocato con il fuoco, ora dovrà trarne le conseguenze”. Non sembrano preoccupati in casa Udc. Yves Perrin, vicepresidente nazionale ha detto di “non aver alcun problema ad affrontare le conseguenze del voto odierno”. Euforia, come previsto, negli ambienti dell’Udf. “Gli Svizzeri si sono ricordati che il nostro paese è stato fondato nel 1291 nel nome del Signore. Un grazie sincero a tutti coloro che ci hanno sostenuto in questa lotta”, il pensiero di Edo Pellegrini, presidente della sezione ticinese del partito. Sconcerto nel mondo islamico elvetico. Ismael Amin, ex presidente dell’Associazione delle organizzazioni islamiche di Zurigo, commenta: “Il popolo svizzero è stato ingannato”. Secondo Amin “la campagna è stata condotta in modo duro e aggressivo, si è parlato più dell’Islam che dei minareti, e questo utilizzando argomenti ingannevoli”. E intanto i musulmani di Oltralpe si mobilitano, manifestazioni e presidi sono previsti un po’ ovunque. Hafid Ouardiri, ex portavoce della moschea di Ginevra, al termine di una dimostrazione davanti alla cattedrale St-Pierre, alla quale hanno partecipato alcune migliaia di cittadini, si è commosso: “Ginevra è sempre stata terra di accoglienza”. Presente, tra gli altri, Remy Pagani, sindaco della città, che ha chiesto “un minuto di silenzio e riflessione”. Solidarietà alla comunità islamica è giunta anche dal Consiglio svizzero delle religioni, che racchiude i leader cristiani, musulmani ed ebrei del paese. Molto amareggiato del risultato del referendum si è detto Monsignor Felix Gmur, segretario generale della Conferenza episcopale svizzera, che ha dichiarato: “È un colpo alla libertà religiosa e all’integrazione di tutti coloro che vengono in Svizzera. Il Concilio Vaticano II dice chiaramente che la costruzione di edifici religiosi è lecita per tutte le fedi e confessioni”. E il quotidiano Le Temps, uno dei giornali più diffusi nella Svizzera francese, scrive: “I musulmani in Svizzera non meritano l’ingiustizia di questo voto-sanzione ispirato dalla paura e dall’ignoranza”.

Adam Smulevich