Qui Torino – Riflessione comune sul nuovo Statuto
Uno Statuto nuovo per l’ebraismo italiano. Guido Neppi Modona, illustre giurista e membro della Commissione per le modifiche allo Statuto dell’Unione e Claudia De Benedetti, vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane hanno presentato a Torino la bozza da proporre al Congresso che si dovrebbe riunire fra Purim e Pesach. “Sono stati toccati ventinove articoli – ha spiegato Neppi Modona – sedici riguardanti la disciplina delle singole comunità, tredici in merito all’Unione e ai suoi organi” (nell’immagine da sinistra Guido Neppi Modona, Claudia De Benedetti e Tullio Levi).
Per la prima parte, le modifiche più rilevanti fanno riferimento al sistema elettorale del Consiglio della Comunità, in particolare per quelle con un numero di iscritti superiore a quattromila. Per Roma e Milano, sostanzialmente, è previsto il voto di lista con l’indicazione del candidato presidente; la possibilità dell’elettorato passivo di votare per una sola lista, esprimendo però le preferenze sino a un massimo di un terzo dei componenti del Consiglio. “La soglia – spiega Neppi Modona – è stata tenuta così bassa per una maggior tutela delle minoranze, perché generalmente sarebbe dei due terzi”. E’ stata inoltre inserita una soglia di sbarramento del 5 per cento per l’attribuzione dei seggi onde evitare un eccessivo frazionamento del Consiglio. L’attribuzione del premio di maggioranza alla lista che supera il 40 per cento dei voti ha suscitato alcune perplessità, essendo relativamente in controtendenza con la ricerca di una maggior tutela del principio democratico e delle minoranze.
Riguardo alla normazione per statuto del sistema elettorale delle singole comunità, è stata sottolineata la poca praticità di questo tipo di scelta; ciò infatti comporterebbe, in caso si volesse cambiare la legge elettorale, la modifica dell’intero Statuto, con un procedimento necessariamente più complicato e gravoso. D’accordo con questa obiezione, il professor Neppi Modona ha sottolineato la necessità “di demandare alle singole comunità la scelta del sistema elettorale che ritengono più consono nel rispetto, però, di regole e principi più generali e inderogabili, stabiliti per Statuto”. Ad esempio la puntuale indicazione dei casi di incompatibilità, ineleggibilità e decadenza. A riguardo, fra le modifiche introdotte è previsto che i membri della Giunta non possano ricoprire cariche politiche o amministrative ovvero incarichi direttivi in partiti politici, a pena di decadenza.
Alcune perplessità ha suscitato la possibilità di nominare in Giunta, sia della singola comunità sia dell’Unione, due esperti, anche esterni al Consiglio. La ratio è di permettere la copertura di competenze specifiche, che i consiglieri eletti non hanno, attraverso la nomina di uno specialista: serve qualcuno con particolari nozioni in ambito tributario, si può nominare un esperto. Le critiche che sono emerse, facevano riferimento alla difficoltà di regolare il rapporto di questi due soggetti con il Consiglio: ad esempio, ci si è chiesto, che cosa accadrebbe ai due esperti nel caso il Consiglio che li ha nominati decadesse; o ancora se per una prestazione specifica di questo tipo fosse necessario prevedere una retribuzione.
Sono state espresse riserve sugli articoli 29 e 30 sulla disciplina del rapporto fra rabbino e comunità, ma su questo punto si attende il documento ufficiale con il parere dell’autorità rabbinica italiana. A riguardo, Neppi Modona e la vicepresidente De Benedetti hanno riferito di una lettera del rav Della Rocca da cui emergevano alcune proposte: in particolare l’attribuzione all’assemblea rabbinica di maggiori poteri e indipendenza, sulle orme di quanto previsto in Italia per la disciplina dei giudici e del Consiglio Superiore della Magistratura. Una sorta di organo di autogoverno che decida, ad esempio, in quale comunità sia più appropriato nominare un determinato rabbino. Si profilerebbe, dunque, una notevole divisione dei poteri fra assemblea rabbinica e istituzioni dell’Unione.
Decisamente significativo è stato l’intervento sulla seconda parte dello Statuto, quella inerente agli organi centrali dell’Ucei. “Come commissione – sostiene Neppi Modona – abbiamo lavorato per cercare di rendere più incisivi i rapporti tra le singole comunità e l’Unione, tenendo conto della necessità di equilibrare il peso politico e la visibilità”. L’istituzione dell’assemblea dei Delegati (che di fatto abroga Consiglio e Congresso), organo permanente, rientra in questa ottica: l’attribuzione di un potere generale di controllo e di stimolo, assieme a una funzione propriamente legislativa, garantirebbe una maggiore influenza sull’operato della Giunta e, pertanto, sull’intera politica dell’Unione. Inoltre la previsione di trentacinque membri eletti a suffragio universale, assieme alla presenza di diritto dei presidenti comunitari, servirebbe ad aumentare peso e rappresentanza delle comunità, con una particolare attenzione a quelle più piccole. Per una maggiore democraticità, Modona propone “al posto dei presidenti, già sufficientemente occupati, di nominare dei rappresentanti, eletti da ciascuna comunità”.
Il problema è di ordine economico e organizzativo. Spostare e riunire tre-quattro volte l’anno circa sessanta persone potrebbe risultare proibitivo, sia per i costi sia per eventuali defezioni, con alterazione in corsa della composizione assembleare.
Considerazioni di diversa natura ma comunque interessanti arrivano dal pubblico torinese: per svecchiare la rappresentanza consigliare e garantire una maggiore competenza, è stata proposta la previsione di ruoli comunitari retribuiti. Indennità di incarico o di funzione sarebbero sì un onere per le comunità ma permetterebbero un’attenzione continua alle questioni comunitarie con una maggior investimento di tempo di coloro che agiscono.
Altra osservazione che, ha sottolineato la De Benedetti, è stata sollevata anche a Milano, riguarda la previsione da Statuto della possibilità che le differenti Edot abbiano una propria sinagoga e siano iscritte alla comunità di riferimento. Una delle ipotesi venute fuori è più complicata: se si verifica una divisione in due nuclei della stessa comunità, come ci si dovrebbe comportare? Ci si è chiesto se non sarebbe meglio prevedere una tale eventualità nello Statuto, una sorta di tutela per il futuro.
Come ha più volte sottolineato Neppi Modona, questo tipo di incontri è utile per avere un confronto aperto con le comunità, trarne degli spunti. “Si tratta di una bozza che può sempre essere migliorata”, ha concluso il professore.
Daniel Reichel