Qui Venezia – Dalla Memoria della Shoah alle riflessioni sul futuro con la riforma dello Statuto
La preghiera al tempio Levantino, la recitazione dell’“Ani Ma’amin” e i sei lumi posti sul memoriale dell’olocausto in campo di Ghetto Nuovo in ricordo di altrettanti milioni di ebrei deportati e sterminati nei campi di concentramento, vittime di una barbarie inaudita. Furono più di 200 le persone deportate a partire dal 5 dicembre 1943, quando il questore Cordova comandò di eseguire l’immediato arresto degli ebrei: gli uomini vennero tradotti al carcere di Santa Maria Maggiore, le donne alla Giudecca, e i bambini al centro minorenni. Al calar di quella notte l’ordine fu eseguito. Nulla riuscì a fermare la scelleratezza dei rastrellamenti che non risparmiarono neppure i vecchi e i malati ricoverati negli ospedali cittadini, deportati nella Risiera di San Sabba. Non servirono a nulla neppure i sacrifici di uomini d’onore come il presidente della Comunità Giuseppe Jona che a settembre di quell’anno si era suicidato pur di non consegnare la lista degli iscritti alla comunità israelitica.
Una domenica tra memorie di un passato da non dimenticare e nuove prospettive per il futuro degli ebrei in Italia, con l’incontro seguito alla commemorazione dei deportati, riguardante le proposte di modifica allo Statuto dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che dovranno essere approvate da un congresso straordinario dell’Unione. Presenti all’incontro la vicepresidente dell’Ucei Claudia de Benedetti e Valerio Di Porto, presidente della commissione modifiche statutarie che da un anno svolge il ruolo di coordinatore dei lavori che hanno portato alla bozza di Statuto ora in esame.
Il documento che verrà portato al congresso straordinario dell’Ucei, sarà un documento voluto e condiviso dagli ebrei italiani, un tentativo di raccogliere per le comunità le varie istanze, le critiche e i suggerimenti per arrivare a riportare all’esame della commissione tutto quello raccolto nelle assemblee comunitarie e giungere al congresso con un ventaglio di possibilità più ampio. La discussione pone l’attenzione sia sulle grandi scelte strategiche che dovranno essere prese in merito alla riorganizzazione dell’assetto interno dell’Ucei sia quelle che si dovranno applicare alle piccole, medie e grandi comunità.
Sulle questioni in esame sono intervenuti gli iscritti e gli appartenenti alla commissione regolamento della Comunità Ebraica di Venezia, composta da persone competenti della materia specifica e da ex-presidenti della Comunità, che negli ultimi mesi ha esaminato la bozza di modifica allo Statuto. Molte le criticità evidenziate, in primis i tempi ristretti con cui si cerca di far approvare lo Statuto, considerando che ad oggi non si è ancora ricevuto il contributo dell’assemblea rabbinica che dovrà deliberare sui temi riguardanti il rapporto tra comunità e rabbino. Preoccupazione hanno destato i principi su cui si fondano alcune modifiche allo Statuto: la governabilità, l’efficienza, la capacità di azione puntuale. Si propone che nelle comunità maggiori venga assegnato un premio di maggioranza alla lista che risulti avere più del 40 per cento di consensi, trasformando di fatto una minoranza in una maggioranza. Il presidente risulterebbe essere la persona con il numero maggiore di voti, senza che ci sia una mediazione del Consiglio nella scelta della persona che andrà a rappresentare la comunità. In sede d’Unione si propone invece un assemblea di delegati formata dai membri di diritto provenienti dalle varie comunità, e riequilibrata in modo esagerato, lì dove dei 35 membri elettivi 20 vengano espressi da Roma suscitando dubbi sulla effettiva rappresentatività dell’assemblea stessa. Una cosa risulta infatti essere la rappresentanza di membri del congresso atti ad eleggere un Consiglio, altro sarebbe eleggere direttamente membri dell’organo istituzionale. In discussione anche le forme di collaborazione e consorzio tra comunità vicine, la figura del presidente e i suoi poteri effettivi. Ha interessato gran parte del dibattito la questione relativa alla rappresentatività delle piccole e medie comunità, vera ossatura dell’ebraismo italiano. Il parere comune è che si tenda a ridurre ulteriormente il loro spazio vitale, concentrando i centri nevralgici a stretto contatto con il potere politico. A tale proposito è doveroso riportare le parole del presidente della Comunità Ebraica di Padova, Davide Romanin Jacur che considera le variazioni: “Un’ottusa interpretazione della democrazia che favorisce soltanto i numeri, dimenticando completamente la storia, le tradizioni e l’estensione dell’ebraismo italiano periferico, riducendo di fatto l’Unione delle Comunità ad un ufficio della Comunità Ebraica di Roma”.
Michael Calimani