Torah oggi – “Anche io pianterò per i miei figli”
A Copenaghen si svolge in questi giorni il vertice per il clima dal quale dovrà scaturire una risposta al problema delle emissioni di anidride carbonica e del conseguente effetto serra. Qual è la sostenibilità compatibile con uno sviluppo che guardi anche al futuro?
Per questa, come per ogni questione, la tradizione ebraica ha espresso una sua idea su come affrontare questo problema, senza limitarsi all’oggi, ma guardando al domani. Una prima risposta ci viene dalla storia raccontata nel Talmud (Ta’anit 23a).
Una volta Chonì Hame’aghel stava camminando per la strada, quando vide un uomo che stava piantando un carrubo. Gli chiese: “Quanti anni ci vogliono perché dia dei frutti?” Gli rispose: “Settant’anni”. Gli disse: “Sei certo di vivere settant’anni, tanto da mangiarne i frutti?” Gli rispose: “Io ho trovato il mondo con i carrubi: così come i miei padri hanno piantato per me, anche io pianterò per i miei figli”.
Il concetto di continuità dell’impegno per la vita si trova anche nella poesia Alla vita del poeta turco Hikmet: ‘Prendila sul serio ma sul serio a tal punto che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi non perché restino ai tuoi figli ma perché crederai alla morte, pur temendola, e la vita peserà di più sulla bilancia’.
Ogni persona ha una duplice responsabilità: consegnare alle future generazioni un mondo vivibile sia sul piano fisico-ambientale, che su quello spirituale-ambientale: la sostenibilità deve essere un obiettivo primario dell’educazione familiare, prima ancora che di quello delle istituzioni pubbliche. Ogni ebreo ha il compito di contribuire alla conservazione e alla valorizzazione del mondo materiale, così come di quello spirituale, per trasmettere ai propri figli o allievi un ebraismo vivo e autentico ,“non inquinato”.
Rav Scialom Bahbout