Qui Lugano – Quando il risentimento contro il referendum diventa farsa

Che le motivazioni alla base del referendum anti-minareti siano state quantomeno discutibili, se non palesemente razziste, sono in molti a sostenerlo e a opporsi con forza alla logica assai poco tollerante che lo ha ispirato. Lo abbiamo fatto anche noi del Portale dell’Ebraismo Italiano, che nei giorni scorsi abbiamo riportato l’amarezza di alcuni degli esponenti di spicco della minoranza ebraica italiana, tra cui Anna Foa, che aveva affidato il suo pensiero ad una strofa di Addio Lugano bella, che dice “Elvezia, il tuo governo schiavo d’altrui si rende d’un popolo gagliardo le tradizioni offende e insulta la leggenda del tuo Gugliemo Tell”. A distanza di oltre una settimana dal voto non cessano, provenienti da mezzo mondo, le manifestazioni di biasimo nei confronti dei promotori del referendum e verso il governo, che pur si era opposto allo svolgimento di questa consultazione popolare. Ma nella miriade di telefonate e messaggi di protesta che in questi giorni stanno intasando i centralini e la posta elettronica dei vari ministeri, non manca lo spazio anche per qualche situazione grottesca. Come quella che ha coinvolto Micheline Calmy-Rey, membro del Consiglio federale e già presidente della Confederazione elvetica. A contattarla nelle scorse ore, infatti, il ministro degli Esteri iraniano Manuchehr Mottaki, il quale ha affermato, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa ufficiale iraniana Irna, che “questo episodio non può portare benefici a un Paese che sostiene di essere all’avanguardia della democrazia e della libertà religiosa, nel rispetto della Dichiarazione universale dei diritti umani”. Considerazioni sicuramente condivisibili, se non fosse paradossale e ai limiti dell’assurdo, che vengano pronunciate da uno delle più alte cariche di un regime che la Dichiarazione non la rispetta da lungo tempo e in modo ben più evidente e cruento. “Il divieto cambierà sicuramente l’immagine della Svizzera quale difensore dei diritti umani”, ha proseguito Mottaki, che ha sottolineato come “valori quali la tolleranza, il dialogo e il rispetto della religione degli altri non dovrebbero mai essere sottoposti a referendum”. Non è mancato, infine, un avvertimento sulle “conseguenze” che un atto del genere, qualora il Consiglio federale non assumesse le azioni necessarie per prevenire l’applicazione del divieto, potrebbe comportare. Una prospettiva che sembra spaventare alquanto i politici svizzeri, che hanno tremato quando martedì sera Oskar Freysinger, uno dei promotori del referendum, ha partecipato ad un dibattito sugli schermi di Al-Jazeera. Una parola fuori posto e i rapporti economici con i paesi islamici sarebbero andati in alto mare. Fortunatamente tutto è andato liscio anche se Freysinger è stato definito da un ospite in studio “il nuovo Hitler d’Europa. Calmy-Rey, dal canto suo, ha ribadito molto sinteticamente al diplomatico iraniano che il referendum non era appoggiato né dal governo né dal parlamento e che si farà garante della tutela dei diritti dei musulmani in Svizzera, come aveva già fatto capire la sera stessa del referendum. E mentre era in corso questa telefonata, l’ambasciatrice elvetica Silvia Leu Agosti veniva convocata d’urgenza dalle autorità iraniane, episodio che in molti interpretano come il preludio a una possibile rottura dei rapporti diplomatici tra i due paesi. Al di là della questione delle relazioni tra Iran e Svizzera comunque, sarebbe interessante sapere cosa pensa Mottaki degli scontri avvenuti a Teheran in occasione della “Giornata degli studenti”, con la polizia che ha utilizzato nuovamente armi da fuoco nei confronti dei disarmati manifestanti. Non sono forse l’ennesimo affossamento dei diritti umani in Iran? O forse per il rispetto dei medesimi non si guarda mai nel proprio giardino?.

Adam Smulevich