Qui Rieti – Testimonianze ebraiche nello Stato pontificio

Secondo appuntamento, dopo quello che si è svolto a Cassino qualche mese fa, per l’associazione per la Storia degli ebrei nel Lazio e nei territori dell’ex Stato della Chiesa, che ha organizzato nella Biblioteca comunale “Paroniana” di Rieti un convegno dal titolo ‘Gli ebrei nel territorio. Comunità e percorsi nello Stato della Chiesa (secc. XIV-XIX)’, un incontro per approfondire lo studio sulla storia, le attività, le abitudini degli ebrei che vivevano fuori dalla Capitale.
Al convegno, organizzato in collaborazione con la Provincia e il Comune di Rieti, con la Comunità Ebraica di Roma, l’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma e con il Dipartimento di Scienze economiche dell’Università di Cassino, hanno partecipato numerosi studiosi del settore fra cui Marina Caffiero, professore ordinario di Storia Moderna presso il Dipartimento di storia moderna e contemporanea della Università di Roma La Sapienza e autrice di molti volumi fra cui Battesimi forzati. Storie di ebrei, cristiani e convertiti nella Roma dei Papi (2004), in corso di traduzione negli USA e in Francia, e Rubare le anime. Diario di Anna del Monte ebrea romana (2008 ), Anna Esposito, docente di Soria Medievale del Dipartimento di studi sulle società e le culture del Medioevo della Università di Roma La Sapienza, Giuliano Lazzarini dottorando in Storia medievale all’università di Pisa, gli studiosi Pierluigi De Rossi, Paolo Pellegrini e Sivia Haia Antonucci giornalista pubblicista e archivista all’Archivio Storico della Comunità di Roma. L’incontro è stato coordinato dal professor Eugenio Sonnino, docente di demografia alla Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università di Roma La Sapienza.
“Una delle missioni dell’associazione – ha spiegato Marina Caffiero aprendo il convegno – è quella di creare un centro di promozione, di organizzazione e di comunicazione delle ricerche degli studiosi sulla storia degli ebrei e dei rapporti fra ebrei e cristiani con particolare interesse per i territori pontifici e per le comunità ebraiche locali. La scelta dell’ottica per così dire “provinciale” nasce dalla constatazione relativa allo sviluppo recente delle ricerche su Roma e alla scarsità di quelle relative alle aree periferiche”. Ha proseguito la Caffiero concludendo poi che uno degli obiettivi che l’Associazione si propone è infatti quello di fare una “mappatura” della presenza ebraica nel territorio nel ‘400, una presenza sicuramente più incisiva nel nord del Lazio che non al sud e poi capire che cosa è successo dopo il 1555 anno in cui con la bolla Cum nimis absurdum di Paolo IV, tutti gli ebrei dovevano essere rinchiusi nei ghetti, non avere più di una sinagoga, vendere ogni immobile, commerciare solo roba usata e portare il contrassegno. “Il dubbio – ha concluso la Caffiero – è che anche dopo tale data ci siano state delle formazioni ebraiche” fuori dai ghetti e quindi, in sostanza, che l’editto di espulsione degli ebrei dalle varie località nello stato pontificio non sia stato rispettato ovunque e allo stesso modo.
Gli interventi degli altri relatori si sono focalizzati sul racconto della vita di alcune famiglie di ebrei in località come Siena, Firenze, Cori, Terni, Rieti, e Magliano Sabina, negli anni compresi fra il ‘400 ed il ‘500 e alla gestione dei banchi di prestito che rappresentavano una delle attività più sviluppate fra le famiglie in vista, oltre alla professione medica, unica arte nobile concessa, tanto è vero che fino alla metà del ‘500 quasi tutti i papi scelgono di avvalersi di medici ebrei.
Paolo Pellegrini ha spiegato tuttavia che spesso i medici ebrei associavano la professione medica a quella del prestito per alimentare i magri guadagni che essi riuscivano a ricavare come medici condotti.
Con l’intervento di Silvia Antonucci, l’obiettivo si è spostato nel tempo ai secoli XVI-XIX e alla Comunità israelitica di Senigallia. Lo studio della Antonucci si è basato sulla documentazione rilevata all’Archivio storico della Comunità Ebraica di Roma individuando cinque punti attraverso i quali l’autorità pontificia avrebbe articolato il proprio rapporto con gli ebrei: il controllo sulla vita ordinaria nel ghetto, limitare al massimo i rapporti fra ebrei e cristiani, condurre gli ebrei alla conversione attraverso l’attuazione delle pratiche coatte, fare in modo che gli ebrei pagassero le regolarmente le tasse, arginare le molestie contro gli ebrei.
Questo ultimo punto va inteso, tuttavia, nel senso negativo del termine: “Gli ebrei a Roma riescono a vivere ma non è che stiano bene, – ha chiarito la Antonucci – l’atteggiamento papale non è volto all’eliminazione fisica degli ebrei ma alla loro conversione”.

Lucilla Efrati