Qui Firenze – Una mostra per il dialogo

“In principio era la Pace – Bereshit La Shalom”, si intitola così la mostra dell’artista Benedetta Manfriani, visitabile all’interno dell’Istituto degli Innocenti di Firenze fino al 20 dicembre (dal martedì al venerdì dalle 11 alle 13.30 e dalle 15.30 alle 18.30, il sabato dalle 11 alle 13 e la domenica dalle 15.30 alle 19.30). Inaugurata alla presenza di alcune centinaia di persone, vi sono esposte una serie di sculture e tavole a colori che rappresentano storie tratte dai midrashim e dalla tradizione ebraico – cristiana. Rivolta a grandi e piccini, l’artista parla del tema della comunicazione e del dialogo fra le varie fedi e culture, unico rimedio contro il fanatismo e l’intolleranza (nell’immagine una foto dell’artista a fianco ad una delle sue opere). Siamo andati a conoscerla.
Benedetta, quando hai iniziato a interessarti di cultura ebraica?
Avevo poco più di vent’anni quando lessi alcuni libri de La Giuntina. Mi colpì soprattutto un bellissimo volume sulla tradizione musicale ebraica, accompagnato da una cassetta audio, di Liliana Treves Alcalay. È stato amore a prima vista con la vostra cultura, un vero e proprio colpo di fulmine che mi ha spinto a studiare, da autodidatta, i midrashim. Sono rimasta travolta dalla bellezza e dalla profondità di pensiero che li contraddistinguono, tanto che ho preso spunto dai loro insegnamenti anche per questa mostra. Uno dei momenti più importanti della mia vita, poi, è stato l’incontro con Faye Nepon, bravissima cantante statunitense che ha vissuto per lungo tempo in Toscana. Faye, infatti, oltre a diventare una delle mie migliori amiche, mi ha insegnato a cantare in ebraico. L’altra sera abbiamo intonato l’Hatikva davanti a quasi duecento persone. È stato un momento molto intenso e commovente. Non ho sangue ebraico, ma mi sento ebrea nell’anima.
Come nasce “Bereshit la Shalom”?
In un mondo tormentato da guerre e fanatismi, l’unica soluzione per porre fine alla violenza è rappresentata dal dialogo tra popoli e religioni. Così, nel mio piccolo, ho pensato di dare un contributo. Questa mostra vuole, a partire dal nome, cercare di rappresentare un “bereshit”, un nuovo inizio, “la shalom”, per la pace. Attraverso sculture e tavole a colori, che ho iniziato a dipingere alla fine dello scorso anno, parlo dell’esperienza della fede, da vivere senza pregiudizi e barriere culturali, tanto che la prima opera che è esposta nella sala è accompagnata da alcune parole tratte da “Contro il fanatismo” di Amos Oz, un libro che dovrebbe essere preso come modello di riferimento per un mondo finalmente luogo di fraternità universale.
Come è organizzata la mostra?
Ho pensato di dividerla in tre ambienti, che rappresentano i presupposti basilari per una società senza odio e intolleranza. Il primo ambiente è dedicato all’idea e alla contemplazione di Dio, il secondo al rispetto per le creature più indifese, il terzo alla condivisione con il prossimo. Vi sono raccontate storie ispirate a personaggi della Bibbia e della tradizione ebraico – cristiana, uomini e donne che vivono l’Amore amando chi incontrano sulla loro strada, dividendo quello che anno, rispettando chi è più fragile.
Chi sono i destinatari del tuo messaggio?
Sia i bambini, che sono il nostro futuro e la nostra speranza, che gli adulti, chiamati a riscoprire il loro “bambino interiore”. Voglio comunicare loro, attraverso le immagini, quali siano le potenzialità migliori della natura umana. Cerco di farlo attraverso un vero e proprio “libro dei poveri”, utilizzando materiali semplici, come le tavole in legno su cui si snodano le storie. I legni “feriti”, l’oro, le sgorbie con cui sono state incise le tavole, il colore, i pennelli, l’inchiostro e la carta, raccontano infatti storie di uomini e donne toccati dall’esperienza della fede, un’esperienza che può coinvolgere e affascinare persone di qualunque età. Uno dei miei progetti futuri, comunque, è quello di coinvolgere i bambini degli istituti scolastici fiorentini e portarli a scrivere un libro sulla fede, ognuno con il suo credo e con il suo punto di vista. Una società futura multiculturale e pacifica è il sogno che i nostri figli possono realizzare, bisogna cercare di indicar loro la via.

Adam Smulevich