Qui Roma – Riccardi, De Luca, Elkann e Israel discutono su Shalom del dialogo fra le grandi religioni
Il numero di dicembre di Shalom, il mensile della Comunità Ebraica di Roma, dedica la copertina al tema del dialogo fra le religioni. Nell’immagine, una macchina da scrivere i cui tasti in sequenza formano la parola “dialogo” termine su cui si interrogano Andrea Riccardi fondatore della Comunità di Sant’Egidio, gli scrittori Erri De Luca e Alain Elkann e il professor Giorgio Israel.
“Il dialogo tra religioni e culture differenti, nell’era della globalizzazione, prima ancora che un opportunità, corrisponde a una vera e propria necessità storica”, sostiene Andrea Riccardi nell’articolo intitolato “Lo scopo del dialogo è trasformare se stessi”, che troviamo a pagina 4, “Certo, non è un compito facile e occorre guardarsi da scontati irenismi. – prosegue Riccardi – Ma occorre anche chiedersi quali sono le alternative possibili?”.
Secondo lo scrittore Erri De Luca fra l’ebraismo, il cattolicesimo e l’islamismo che si contendono il primato della verità, sono possibili solo delle tregue. “La buona volontà politica delle parti in causa, sostiene De Luca, ammessa per comodità di ipotesi, è inerte nei confronti del più potente sentimento umano, l’amore per la propria divinità, la sua temperatura interna. Per amore, ben più che per odio, i tre monoteismi hanno visto nelle guerre tra loro la via maestra”.
Di dialogo parla anche Alain Elkann ma interrogandosi invece sulle analogie e sulle diversità fra la visita di Giovanni Paolo II alla sinagoga di Roma nel 1986 e quella prossima di Benedetto XVI rilevando che “…quello che conta è la continuità del ‘dialogo’, della ‘cortesia’, del buon ‘vicinato’. Il rispetto reciproco nelle diversità”. “Il ‘rispetto’ è, secondo Elkann, l’unica alternativa possibile all’amore; è molto diverso dalle tolleranze. Il rispetto significa accettare, apprezzare, stimare, mettere su un piano di uguaglianza l’altro”.
Di diverso avviso il professor Giorgio Israel “…non si tratta di decidere se il dialogo sia possibile o no: esso è nei fatti, vi è stato sempre, anche nei momenti di massimo conflitto”, sostiene nell’articolo che troviamo a pagina 8, ponendo a suo fondamento la comune visione delle Scritture come un testo rivelato ma scritto da uomini e quindi soggetto a continua interpretazione.
Lisa Palmieri Billig firma il pezzo “Quando sono i giornalisti a non saper comunicare” che si occupa della riammissione dei giornalisti israeliani nella Federazione internazionale, dopo l’espulsione avvenuta nel giugno scorso, ufficialmente per non aver pagato la quota annuale negli ultimi 4 anni. “Ci avete messo in un angolo mentre noi vogliamo essere considerati membri con pieni e uguali diritti – ha sostenuto invece il giornalista Yosi Bar Moha nell’incontro che si è svolto a Tel Aviv il 2 novembre – non ci avete consultato prima di organizzare una missione investigativa sulla libertà di stampa durante l’operazione Piombo Fuso, perciò pregiudicando i risultati ottenuti …”.
Rimanendo sulle questioni mediorientali Sergio Minerbi esamina la politica estera israeliana alla luce della eventuale nascita di uno stato palestinese attraverso una dichiarazione unilaterale e senza un accordo con Israele cosa che, secondo Netanyahu, metterebbe a repentaglio gli accordi già esistenti con Israele costringendo lo stato ebraico a prendere a sua volta misure unilaterali. “Già 21 anni fa, nel 1988 ad Algeri l’Olp aveva proclamato l’indipendenza della Palestina ossia uno stato nei confini del 4 giugno 1967 con capitale Gerusalemme. – ricorda Minerbi – Ma in mancanza del consenso israeliano la proclamazione rimase lettera morta. La ritorsione israeliana potrebbe essere il blocco dei fondi regolarmente trasferiti da Israele, il ritorno dei posti di blocco, mentre le due grandi questioni del ritorno dei profughi e della spartizione di Gerusalemme, rimarrebbero sul tappeto senza speranza di soluzione”.
Dimitri Buffa parla del vertice Fao a Roma, sul quale esprime un parere piuttosto negativo “ogni volta che Roma ospita un vertice Fao dobbiamo constatarne l’assoluta inutilità”. Sostiene il giornalista. “Nonché la sua repentina trasformazione nel ‘one man show’ di dittatori africani, sudamericani o mediorientali. Stavolta, per la cronaca, è stato il turno di Muhammar Gheddafi, che non ci ha fatto mancare niente, ma proprio niente, del suo repertorio allucinante”.
E infine, Mario Calabresi il giovane direttore de La Stampa, risponde alle domande di Francesca Bolino, Fiamma Nirenstein parla dei governi europei che, attraverso le ONG, alimentano l’odio contro Israele, Emanuele Ottolenghi analizza le ragioni per cui la Russia continuerà ad impedire che la comunità internazionale adotti misure contro Teheran e Umberto Ranieri getta uno sguardo sugli assetti strategici del dopo caduta del Muro di Berlino.