…attentati

Berlusconi come Rabin? Non proprio, ma vale la pena fermarsi un momento e riflettere. È sempre facile incolpare uno psicolabile, solitario, poco comunicativo. L’assassino di Rabin era una vera mediocrità, ma non poi così emarginato: uno studente di giurisprudenza, abbastanza attivo in politica, un po’ estremista, ma “normativo”, come si suole dire. Agì con l’aiuto di due fratelli, dopo aver “sentito la parola di Dio”, così affermò in tribunale. E qui comincia il problema, serio, delle responsabilità contigue. L’attore principale faceva parte di un gruppetto di teste calde, ma queste appartenevano a un piccolo movimento che includeva persone con compiti di responsabilità nella comunità. In quei giorni del 1995, subito dopo l’accordo di Oslo, assieme al futuro assassino e pochi altri seguaci, alcuni rabbini avevano compiuto il rito della “pulsa denúra” – una specie di condanna a morte in effige di Rabin al limite della magia nera. Assieme a questi, altri più numerosi uomini di religione avevano sostenuto l’applicabilità del “Din mossèr” – la massima pena per alto tradimento. Assieme a questi, altri attivisti nei partiti nazionalisti avevano diffuso ritratti di Rabin in divisa da nazista. Assieme a questi, alcuni deputati in parlamento avevano spinto il dibattito al limite della delegittimazione del Primo Ministro. Assieme a questi, i maggiori dirigenti dei partiti dell’opposizione erano apparsi su un balcone in Piazza Zion a Gerusalemme in una storica radunata popolare contro il processo di pace coi palestinesi. Nessuno dei dirigenti, inclusi alcuni futuri Primi Ministri, si era peritato di dissociarsi da tutte le fasi antecedenti. Quelle che potevano apparire manifestazioni di isolati, di gruppuscoli, di schegge impazzite, facevano parte di fatto di un sistema di vasi comunicanti che raggiungeva il vertice del sistema democratico. Non si può accusare i successori di Rabin di aver causato il suo delitto, ma a posteriori la mancanza di quelle necessarie parole di condanna creò una sorta di corresponsabilità morale che fu ben capita, certo, ma troppo tardi. E forse oggi la democrazia israeliana sta ancora pagando il prezzo di quell’abbietto delitto.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme