Pio XII e il dovere di vigilare
La parola “vigilanza” è diventata una delle parole-chiave della filosofia degli ultimi decenni. E per molti filosofi ha costituito un’alternativa alla “coscienza” che ha dominato la scena filosofica dei secoli scorsi. Qual è la differenza? La coscienza è sempre, anzitutto coscienza del soggetto singolo. La vigilanza accomuna e, a sua volta, è quel che contraddistingue una comunità. Essere vigili vuol dire essere partecipi, prendere parte a quello che Hannah Arendt chiama lo “spazio pubblico”. Nel mondo globalizzato gli eventi che si susseguono, anche nei luoghi geograficamente più lontani del pianeta, investono tutti (ovviamente in misura e modalità diverse). E la discussione che avviene nello spazio pubblico, anche quello dei nuovi media, è una forma indispensabile della partecipazione democratica. Ogni tentativo di ridurre lo “spazio pubblico” è, e deve essere, sempre sospetto.
Il “caso” di Papa Pacelli non può essere confinato a una questione dottrinaria, privata e interna alla chiesa. Il processo di beatificazione riguarderà sotto il profilo teologico la chiesa; ma l’evento ha una dimensione storica, politica, etica, e come tale rientra nello spazio pubblico. Riguarda tutti: i cattolici, i non credenti, gli atei, gli italiani, i francesi, i tedeschi, gli israeliani e così via. E in particolare riguarda gli ebrei italiani; perché ne va del nostro recente passato, della ricostruzione di questo passato che attraverso la memoria deve essere non solo ricordato, ma anche “riparato”; ne va dunque dell’identità futura.
Proprio perciò il “caso” Pacelli, non solo non può essere confinato a una questione dottrinaria, ma non può neppure essere ridotto ad un semplice “dibattito storiografico”. Come se non bastasse quel che è accaduto e fosse necessario attendere il parere degli esperti che dovranno appurare una verità oggettiva. Certo il loro parere sarà importante, per gli strumenti e le competenze che hanno. Ma il rischio di lasciare la parola ultima all’esperto è quello di deresponsabilizzare i più. Al contrario, tutti sono responsabili; tutti hanno il diritto e il dovere di rispondere in modo consapevole e razionale, di impegnarsi nello spazio della discussione pubblica. Tutti devono essere vigili.
Donatella Di Cesare, filosofa