…papa
Tra le mail che inondano i nostri computer in questi giorni di gennaio 2010 che precedono la visita di Benedetto XVI nella Sinagoga di Roma, ce n’è una serie che merita attenzione. Nemmeno se l’avessimo ordinata apposta, avremmo potuto infatti trovare una serie di affermazioni in cui si armonizzano compiutamente il più sfrenato vittimismo, che vede prediche forzate e persecuzioni ad ogni angolo di strada; l’uso distorto della storia (dati sbagliati, interpretazioni assurde, nomi errati. Forse che essere accurati è clericale?); l’estremismo più acceso (aboliamo il dialogo interreligioso, vi si legge, cassiamo la dichiarazione Nostra Aetate, un’idea concepita da chi evidentemente non si preoccupa di trovarsi dalla stessa parte della barricata dei lefebvriani); il linguaggio più viscerale e retorico, tanto che per un attimo ho pensato si trattasse del linguaggio del Settecento; e infine il trionfante dispiegarsi di tutti i luoghi comuni. Una sorta di chiamata alle armi che proprio per questa sua estrema semplificazione e per questo suo totale manicheismo può tuttavia rivelarsi efficace e rigettarci, questa sì, in un ghetto ideologico e culturale, dal momento che nemmeno gli estensori pensano seriamente di rialzare materialmente le mura del vecchio ghetto. Attenzione dunque a non cadere nella trappola dell’estremismo, a non pensare che chi urla più forte è più coraggioso, che vince chi si piange di più addosso.
Anna Foa, storica