Qui Roma – Una mostra fra storia, identità e dialogo

Figure umane animali e oggetti di ogni genere, motti, citazioni dei Salmi e del Pentateuco scritte in ebraico fiorito con traduzione in latino, le civette che trainano il carro della Minerva, una giovane donna che inneggia a Papa Corsini dicendo “nel cor s’inalza la letizia mia”, l’Aurora Rospigliosi, arcobaleni, colonne, api, aquile e perfino una corsia d’ospedale dove i malati si alzano dal letto risanati dal suono di una cetra sono alcune delle immagini relative ai pontificati di Clemente XII (1730), Clemente XIII (1758), Clemente XIV (1769) e Pio VI (1775), che documentano la partecipazione degli ebrei del ghetto al gaudio per l’elezione del nuovo papa come cittadini romani a pieno titolo, e che fanno parte della mostra “Et ecce gaudium. Gli ebrei romani e la cerimonia di insediamento dei Pontefici” che aprirà i battenti domenica 17 gennaio in occasione della visita di papa Benedetto XVI al tempio Maggiore di Roma (nell’immagine un momento dell’allestimento della mostra).
La mostra resterà aperta al pubblico fino all’11 marzo e sarà presentata oggi ai giornalisti in una conferenza stampa organizzata in una delle sale del Museo. A curarla la direttrice Daniela Di Castro coadiuvata da un comitato scientifico di cui hanno fatto parte, oltre alla Di Castro, lo stesso rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, Silvia Haia Antonucci, Claudio Procaccia, Giancarlo Spizzichino dell’Archivio storico della Comunità e Olga Melasecchi.
Il catalogo della mostra edito da Araldo De Luca, contiene contributi in italiano e in inglese di di Silvia Haia Antonucci, Daniela Di Castro, Serena Di Nepi, Riccardo Di Segni, Olga Melasecchi, Claudio Procaccia, Andreina Rita, Giancarlo Spizzichino.
La mostra è un’ulteriore testimonianza di quanto la presenza ebraica nella capitale sia antica e significativa. Nonostante l’istituzione del Ghetto nel 1955 per effetto della bolla Cum nimis absurdum di papa Paolo IV, che revocò tutti i diritti concessi agli ebrei romani fra cui i diritti civili, vietando loro di leggere e studiare il Talmud e di tenere banchi di pegno, la loro presenza era ammessa lungo il percorso che il nuovo Pontefice compiva dal Vaticano al Laterano per prendere possesso della basilica, chiamati a far parte della processione festosa che accompagnava il papa per il tratto che andava dall’Arco di Tito al Colosseo monumenti tristemente dolorosi per la Universitas Hebraeorum e ad abbellire le strade e le facciate dei palazzi lungo questo percorso. Apparati effimeri era il nome di questi dipinti fatti di carta, colorati con le tempere e destinati a durare per una sola giornata, ma nell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma ne sono stati rinvenuti quattordici (erano più di ottocento) e costituiscono il corpus della mostra.
Tra gli oggetti e i documenti che vengono esposti assieme ai pannelli ve n’è uno che è stato appena donato al Museo da un’antiquaria: un anello d’oro da uomo il cui cammeo raffigura papa Pio VII Chiaramonti con una doppia fascia che si può aprire e al suo interno c’è l’iscrizione Immanuel in ebraico.

Lucilla Efrati