Qui Milano – La Sinagoga centrale spalancata al dialogo interreligioso
Alla vigilia della visita di Benedetto XVI al Tempio maggiore di Roma, anche a Milano si è celebrata la Giornata del dialogo ebraico-cristiano. Dopo la pausa di riflessione dello scorso anno, per questa edizione dal tema “La Quarta Parola: Ricordati del Sabato per santificarlo” ieri sera al calare del buio, terminato Shabbat, le porte della Sinagoga Centrale si sono spalancate a centinaia di fedeli delle varie confessioni cristiane milanesi.
L’invito è stato accolto con grande entusiasmo. Davanti all’affollatissima platea, diversi oratori hanno approfondito il significato dello Shabbat, e ribadito l’importanza del percorso di dialogo intrapreso da ebraismo e cristianesimo, nell’auspicio che si prosegua in questa direzione consci tanto degli importanti risultati ottenuti, quanto del cammino ancora da percorrere.
Un contributo sotto entrambi gli aspetti è stato portato dalla lettera inviata dall’Arcivescovo della diocesi milanese Dionigi Tettamanzi, letta da don Gianfranco Bottoni, responsabile del servizio per l’ecumenismo e il dialogo della Chiesa di Milano. Da un lato l’Arcivescovo ha sottolineato come il cristianesimo abbia molto da imparare guardando al valore del sabato ebraico, dall’altro si è concentrato sull’importanza della “revisione della coscienza cristiana in rapporto all’ebraismo”, parlando di “due identità distinte, ma affini” e di un “percorso che dopo la Shoah non può essere più fermato”.
Incentrato sul senso dello Shabbat è stato il discorso del rabbino capo di Milano Alfonso Arbib. “È detto che senza Shabbat il mondo sarebbe stato come ‘un anello senza sigillo o un baldacchino nuziale senza sposa’ – ha spiegato rav Arbib – Un mondo dunque incompleto, senza l’evidenza della presenza di D-o, senza gioia”. Shabbat come completamento della Creazione, ma anche come celebrazione dell’Uscita dall’Egitto “che rappresenta il momento in cui cessò l’idea che esistessero uomini superiori e uomini inferiori destinati a subirne il dominio – ha proseguito il rav – Così scomparve per sempre il presupposto ideologico della schiavitù”.
Anche Luigi Nason, responsabile dell’apostolato biblico della diocesi di Milano e coordinatore del gruppo interconfessionale Teshuvah è partito dal tema della liberazione dall’Egitto per riflettere sui cambiamenti che sono stati operati dal cristianesimo nella lettura dei Dieci Comandamenti. “Il Primo non si limita alla formula ‘Io sono il Signore tuo D-o’, ma prosegue ‘che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto’ – ha evidenziato Nason – Abbiamo dimenticato un’importante chiave di lettura del Decalogo, in cui ‘Ricordati del giorno del Sabato per santificarlo’ si è trasformato in ‘Ricordati di santificare le feste’. In questo modo abbiamo perso molto”.
“C’è un assoluto bisogno del dialogo ebraico-cristiano”. Questo è stato il messaggio di Gioacchino Pistone, valdese, presidente del Consiglio delle chiese cristiane di Milano, che ha sottolineato “l’importanza per tutte le Chiese di apprendere dalla sapienza di Israele, quella passata, ma anche quella presente”.
A chiudere la serata è stato l’intervento del rabbino emerito di Milano e presidente dell’Assemblea rabbinica italiana Giuseppe Laras, dopo le polemiche dei giorni scorsi seguite alla sua presa di posizione contro la visita di Benedetto XVI al Tempio maggiore di Roma. Rav Laras ha ribadito l’essenzialità del dialogo interreligioso, del proseguire superando le difficoltà, rilevando come in questo percorso non si possa prescindere dalla Shoah e dall’antisemitismo. Ha poi rilanciato l’idea che in questa direzione vadano soprattutto le piccole opere costanti, mentre le grandi manifestazioni si consumano in fretta.
“Questi sono i miei sentimenti” ha concluso rav Laras “Nonostante la contingenza possa non essere favorevole, andiamo avanti e ne raccoglieremo i frutti”.
Rossella Tercatin