Il dialogo e il piano inclinato

Forse, se non tutti, da parte ebraica – e non solo – si mostrano sempre entusiasti di fronte al tanto elogiato dialogo interreligioso, ciò dipende anche dalla ricorrente tentazione, da parte di alcuni ‘dialoganti’, a trasformare il dialogo stesso in qualcosa di più, e di diverso, da quello che esso dovrebbe essere. L’idea di una semplice conoscenza fra diversi, nel mutuo rispetto, senza alcuna pretesa di plasmare l’altro a proprio piacimento, o comunque, in qualche modo, di trasformarlo, a molti appare, evidentemente, non sufficientemente attraente, qualcosa per cui non varrebbe la pena impegnarsi troppo. È così, per esempio, che, a coronamento di un’esistenza in buona parte spesa proprio per la causa del dialogo ebraico-cristiano, il Cardinale Carlo Maria Martini, nel suo recente libro Le tenebre e la luce, ha affermato che le tradizioni religiose non dovrebbero essere considerate dei “monoliti immutabili”, ma dovrebbero accettare la possibilità di una propria decadenza, in nome di una nuova vivificazione, per arrivare alla conclusione che, al momento attuale, “il nostro cammino interreligioso deve consistere soprattutto nel convertirci radicalmente alle parole di Gesù, e, a partire da esse, aiutare gli altri a compiere lo stesso percorso”. Ed è singolare che parole simili possano venire anche dallo stesso mondo ebraico. Su la Repubblica di lunedì 18 gennaio, in un articolo a commento della visita del Papa nel Tempio, Gad Lerner, nell’elencare luci e ombre sulla strada del dialogo, dopo avere enumerato alcune “pietre d’inciampo” in campo cristiano, si chiede: “a loro volta, quando gli ebrei saranno pronti a riconoscere familiare e profetico il messaggio del loro correligionario Gesù…?”. Non si discute, per carità, lo spirito amichevole di simili esortazioni. Che, tuttavia, possono generare disagio, dando l’idea di un dialogo su “piano inclinato”, atto a fare insensibilmente scivolare verso nuovi, impensati confini. È proprio troppo difficile accontentarsi di un umile, modesto dialogo su “piano orizzontale”?

Francesco Lucrezi, giurista