Torah oggi – La Memoria, un esercizio quotidiano

Il Giorno della Memoria è diventato, in un certo senso, il Jom hashoà del mondo non ebraico e penso si possa dire che il precetto zakhòr (ricorda) sia stato adottato anche dalla società ed è entrato a far parte della cultura del mondo occidentale. Questo fatto merita alcune riflessioni.
1. Senza voler sottovalutare l’importanza della mizvàt zakhòr, va evidenziato che secondo la Torah vi sono sei eventi da ricordare ogni giorno in un rapporto equilibrato tra loro, tre positivi – l’Esodo, la promulgazione dei dieci comandamenti, il sabato – e altrettanti negativi (ricorda cosa ti fece Amaleq, ricorda cosa fece il Signore a Miriam, ricorda il peccato del vitello d’oro): bisogna insegnare a fare un uso “equilibrato” della memoria e ricordare anche quegli eventi che hanno fatto e continuano a far parte della nostra vita. Assieme al ricordo di Amaleq, abbiamo anche il dovere di perpetuare il ricordo dei Giusti delle nazioni che hanno difeso i deboli e gli indifesi, rischiando anche la propria vita, lasciando un segno positivo nella storia, da cui prendere esempio.
2. Abbiamo delegato al computer la gestione della nostra memoria. Il richiamo all’uso della memoria va in controtendenza con quello sempre meno frequente che se ne fa, perché il computer, internet e i supporti informatici hanno oramai sostituito la nostra memoria con i facebook, i plaxo ecc. che ci ricordano quando è il compleanno dei nostri amici, ecc. Se il computer dovesse un giorno venirci meno salterebbero tutte le sinapsi che ci consentono di ricordare, cosa che in fondo non sentiamo neanche il dovere di fare. Si può replicare che, in fondo, oggi si fa un uso più razionale della memoria eliminando quei dati che possiamo fare a meno di memorizzare: dimentichiamo però che il computer possiede sì una memoria, ma non le emozioni ad essa associate e non può mai sostituirsi all’uomo. Investendo nella creazione di computer sempre più sofisticati, ci illudiamo di poter costruire qualcosa che sostituisca l’uomo.
3. Al tempo della Mishnà (I-II secolo) vi erano delle persone che avevano il compito di studiare a memoria gli insegnamenti in modo da metterli a disposizione dei Maestri e delle generazioni future; ma quelle persone non erano un mero strumento nella mani dei Maestri perché sapevano interagire tra loro e con la parola. In ogni lettera del testo biblico è riflessa tutta la rivelazione: una sorta di ologramma che basta illuminare con un raggio luminoso coerente per far riemergere tutto il sapere e le emozioni che vi sono contenuti.
4. Solo se il ricordo diventa un esercizio, un impegno quotidiano, portando un po’ di 27 gennaio in ogni giorno della vita, possiamo davvero sperare di non “perdere la memoria” e rimanere noi stessi. Parafrasando Cartesio e applicandolo alla Torah potremmo dire: ricordo ergo sum.
5. Il giorno della memoria cade in genere a distanza di pochi giorni dal Capodanno degli alberi. Secondo la Torà l’uomo è come un albero del campo. Molti alberi sono stati sradicati nei campi di concentramento e nei ghetti durante la Shoà: la generazione che è sopravvissuta e noi che ne
siamo gli eredi abbiamo il dovere di piantare nuovamente noi stessi nella casa del Signore: Coloro che sono piantati nella casa del Signore, nei cortili del nostro Dio fioriranno (Salmo 92).

Rav Scialom Bahbout