Memoria – La sfida degli storici
La Memoria non può essere solo celebrazione, ma deve mantenere una dimensione di ricerca originale, di approfondimento e di migliore conoscenza della verità. In queste ore intense e costellate di manifestazioni culturali, a Roma si sono incontrati illustri studiosi. Fra i numerosissimi nomi coinvolti al convegno La Shoah, l’Yshuv, le memorie tenutosi all’auditorium della Discoteca di Stato di via Caetani, anche Anna Foa e Marina Beer (Università La Sapienza di Roma) Alon Confino (Virginia University), Michele Battini (Università di Siena) e Daniel Blatman (Università ebraica di Gerusalemme). Attorno all’originale ricerca di Blatman e a come la memoria della Shoah è stata vissuta dai protagonisti, dai rifugiati nell’insediamento ebraico in Palestina che hanno dato vita allo Stato di Israele si sono sviluppati tutti gli interventi, che hanno dimostrato come su questa materia estremamente complessa il lavoro dei ricercatori sia ancora capace di offrire prospettive nuove. Il lavoro di Blatman Le marce della morte (recentemente pubblicato in versione italiana da Rizzoli) traccia il quadro agghiacciante delle stragi di centinaia di migliaia di persone che furono compiute negli ultimi mesi della Seconda guerra mondiale, quando gran parte dei 700 mila prigionieri ancora internati furono costretti a evacuare i campi di concentramento: con l’avanzata dell’Armata Rossa e l’arrivo delle forze alleate è urgente smobilitare per cancellare le tracce. Tra l’estate del 1944 e la primavera del 1945 migliaia di deportati, incalzati dai loro aguzzini, si avviano in una drammatica ritirata di massa che non di rado si svolge nel caos, sovrapponendosi a quella dell’esercito tedesco e alla fuga dei civili.
E’ patito invece dalla domanda ‘perché c’è bisogno di ricordare?’ l’intervento inaugurale di Vittorio Dan Segre alla quinta edizione del Master Internazionale di II Livello in Didattica della Shoah. “Sherlok Holmes avrebbe detto, elementare, perché chi non ha il senso del passato non ha il senso del futuro. L’insistenza degli ebrei a ricordare la Shoah viene catalogata dai negazionisti come una manipolazione” ma anche se abbiamo il dovere di ricordare dobbiamo ritenere che “La Shoah non può essere insegnata, perché come diceva Primo Levi noi testimoni sopravvissuti, se abbiamo conosciuto la gorgone non abbiamo modo di spiegare”.
Per il Master promosso dalla Facoltà di Scienze della formazione di Roma Tre, con il patrocinio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, del ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, della Provincia e del Comune di Roma si è trattato di una doppia inaugurazione.
A dirigerlo il professor David Meghnagi, che nella inaugurazione che si è svolta al mattino al ministero dell’Istruzione ha tenuto una lectio magistralis sulla figura di Marek Edelman, uno uno dei comandanti dell’insurrezione del Ghetto di Varsavia, recentemente scomparso.
“Ogni uomo civile è tenuto a sapere che Auschwitz è esistito se comprendere è impossibile conoscere è necessario” ha detto il ministro Rami Hatan dell’ambasciata d’Israele riprendendo le parole di Primo Levi, subito dopo il saluto del Rettore dell’Università Roma Tre, Professor Guido Fabiani, che ha sottolineato l’impegno del terzo ateneo della Capitale nel commemorare un giorno della Shoah prima ancora che ci fosse una legge dello Stato che lo istituisse “abbiamo ritenuto di dover fare oltre – ha spiegato Fabiani – abbiamo ritenuto di doverlo tradurre in un Master”.
Il consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Sandro Di Castro partendo dal dettame della Torah ‘ricordati, non dimenticare’ ha indicato gli interrogativi che dovrebbe porsi un Master sulla Shoah facendo tesoro del fatto che i superstiti hanno combattuto per il valore della vita, di quante persone sarebbe composto oggi il popolo ebraico se non fosse stata sterminata un’intera generazione e quanti bambini che pur salvandosi hanno perduto la propria identità ebraica ed infine quale è stato il contributo positivo del popolo ebraico nel corso degli anni.
“Insegnare la Shoah è più difficile che studiarla. Non basta capire come le cose avvennero, ma andare a fondo delle ragioni, dell’indifferenza e dell’impotenza di molti. – ha sottolineato Valentina Aprea, presidente della Commissione Cultura della Camera, intervenendo subito dopo – la scuola in questo senso ha un compito importantissimo: tramandare le testimonianze dei sopravvissuti, una ricchezza, seppure drammatica, che la storia ci ha consegnato”.
La mattinata si è conclusa con un intrattenimento musicale degli studenti della Scuola Media Ennio Quirino Visconti diretti dal maestro Anniballi.
I lavori si sono spostati nel pomeriggio nella sede della Provincia di Roma dove si sono tenute le lezioni inaugurali del Corso del professor David Meghnagi del professor Umberto Gentiloni e del professor Vittorio Dan Segre.
Alle attività formative del Mastes della Shoah concorrono docenti di atenei italiani e stranieri tra cui Amos Oz e Abraham Yehoshua. Da quando è stato istituito si sono diplomati oltre cinquanta ricercatori, cinque dei quali hanno poi vinto un dottorato (di cui uno all’estero) sulle stesse tematiche.
Lucilla Efrati