Memoria – Firenze, “Riflessione sul presente”
Ieri sera, nella bella cornice del Teatro Goldoni di Firenze, si è svolto il Concerto per il Giorno della Memoria. Un appuntamento che si ripete da qualche anno e che ogni volta ci dona, con musica e parole, l’emozione del ricordo e spunti di riflessione che valgono anche per il nostro presente.
Da un’idea di Yehezkel Yerushalmi, con l’importante partecipazione dei musicisti del Maggio Musicale Fiorentino e la collaborazione della Comunità Ebraica di Firenze, è nata una rappresentazione che ha fatto ripercorrere al pubblico le tristi tappe che hanno condotto l’Europa intera verso l’Olocausto.
Lo spettacolo ha alternato brani storici e letture di testimonianze di deportati a momenti musicali. Sono le melodie di Hanns Eisler, compositore ebreo tedesco costretto all’esilio nel 1933, ad aprire la scena mentre il baritono Brian Garth Nickel cantava alcuni versi di Bertold Brecht, di cui lo stesso Eisler musicò molte opere.
Ma la poesia iniziale viene presto interrotta quando sul palcoscenico salgono Augusta Gori e Marco Zannoni che leggono, circondati da attori che rappresentano le anime delle vittime dei campi di sterminio, le dure disposizioni naziste sulla “pulizia del sangue e della razza”, proseguendo raccontando la tragedia che colpì la comunità ebraica tedesca la notte tra il 9 e il 10 novembre 1938, la Kristallnacht.
Lo splendido arrangiamento dell’Adagio del Concierto de Aranjuez del compositore spagnolo Joaquìn Rodrigo, fatto dai musicisti del Maggio Fiorentino, ha emozionato il pubblico. Grazie soprattutto a un chitarrista di fama internazionale come Luigi Attademo, che ha saputo interpretare al meglio il dialogo, così famoso, tra la chitarra e il corno inglese, mentre le anime, inquietante monito, più simili a spettri grigi che ad angeli, si muovevano tra i musicisti.
Vicine alla tradizione musicale ebraica sono state le note delle musiche rom arrangiate da Alexian Santino Spinelli, fondatore di un gruppo familiare che ripercorre la secolare tradizione musicale rom e che in questa occasione ricorda la Porajmos, termine romanì con cui si indica lo sterminio di circa 500.000 zingari e sinti ad opera dei nazisti.
L’edizione di quest’anno ha voluto ricordare con la stessa dignità tutte le vittime dell’Olocausto, non solo gli ebrei d’Europa ma anche rom, omosessuali, portatori di handicap fisici o mentali. Nella ricorrenza della liberazione dei prigionieri di Auschwitz si rievocano tutti coloro che in quel campo furono internati.
L’odio nazista ha avuto numerosi volti. Terribile quello del programma di eutanasia portato avanti sin dal 1933, nel quale furono uccisi migliaia di disabili e malati di mente, che nell’orrendo gergo nazista erano definiti “asociali”. Le pratiche utilizzate come la sterilizzazione di massa, gli esperimenti medici e l’uccisione col gas servirono da preludio per le atrocità che verranno commesse durante la Soluzione Finale. Da quel momento in Germania, e poi in Europa, calerà la notte e la nebbia – per dirla con le parole che hanno aperto lo spettacolo di ieri sera.
Non si dimentica neppure la tragedia degli omosessuali internati nei lager che viene raccontata attraverso le musiche di Benjamin Britten e la testimonianza di Heinz Heger, omosessuale viennese sopravissuto a ben sette anni di prigionia. I “triangoli rosa”, per il simbolo che li distingueva nei campi, furono 10.000, ma il numero cresce fino a 600.000 se si considerano nelle stime anche gli ebrei o gli zingari o gli oppositori politici omosessuali. Proprio questo gruppo di prigionieri, portatori, agli occhi dei tedeschi, di una doppia colpa furono oggetto dei più atroci trattamenti e umiliazioni.
Ancora oggi il razzismo ha molteplici vittime, il titolo in forma interrogativa dello spettacolo di ieri sera: “Razzismo: solo memoria?” vuole essere una chiara presa di coscienza che non si esplica solo nel ricordo ma che si deve attuare anche nel presente, perché ancora oggi credo religioso, diversità fisica, provenienza od orientamento sessuale generano discriminazione. Questa giornata serve anche istruire e quindi tutelare le generazioni di oggi da ogni forma di odio, per questo ricordare è importante; citando Bertold Brecht nella poesia che ha chiuso lo spettacolo al Teatro Goldoni, Elegie 1939: “voi che siete emersi dai gorghi / dove fummo travolti / pensate / quando parlate delle nostre debolezze / anche ai tempi bui / cui voi siete scampati.”
Pablo Chiesa