Memoria – Roma, il grande incontro con i sopravvissuti

Per la seconda volta in pochi giorni, dopo la visita di Benedetto XVI, il Tempio Maggiore di Roma ha aperto le porte alla cittadinanza. L’occasione dell’incontro fra  i sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti e la Comunità Ebraica di Roma è stata fortemente voluta dalla Consulta della Comunità romana e dalla sua presidente Elvira Di Cave.
Ci hanno fatto commuovere, ci hanno fatto rabbrividire, a tratti sorridere, ci hanno fatto sentire orgogliosi, ma soprattutto ci hanno insegnato che non bisogna mai dimenticare. Queste le emozioni e i sentimenti suscitati dai lori racconti, dalle loro testimonianze, le parole di chi ce l’ha fatta a scampare dalla furia nazifascista. Sono ancora segnati dai quei ricordi orribili che non si possono cancellare, come incancellabile è quel senso di colpa provato nei confronti di chi non ce l’ha fatta come loro, li hanno voluti più volte ricordare nei loro racconti, nelle loro brevi ma intense testimonianze. Molti hanno affermato di essersi più volte domandati “perché proprio io”. Sami Modiano ha una risposta: “Quando sono tornato mi sono sentito in colpa per essere scampato alla Shoah e mi sono chiesto perché proprio io. Solo adesso capisco il perché e lo vedo ogni volta che incontro i ragazzi e gli studenti nelle scuole per raccontare la mia storia”. Gli ha fatto eco Alberto Mieli con un discorso appassionato nel quale ha rammentato il dolore e la sofferenza di quei giorni, in una sinagoga gremita di pubblico, che ha saputo rispondere con affetto e solidarietà a questo secondo evento storico nel giro di pochi giorni.
“Noi bisnonni abbiamo sconfitto Hitler”. “Sono ebreo e sarò sempre ebreo”, sono queste alcune fra le più incisive e significative frasi dei testimoni, che durante l’incontro hanno risposto alle domande del pubblico, prima fra tutte il rapporto fra l’identità ebraica e le sofferenze subite.
“Oggi c’è la Comunità e Roma intera per abbracciarvi. Questo è il senso di questa manifestazione”, così Marcello Pezzetti, direttore del futuro museo della Shoah di Roma, ha indicato il valore della manifestazione e dato il via agli interventi dei sopravvissuti.

Innumerevoli le personalità accolte dal  Presidente della Comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, dal capo rabbino di Roma, Riccardo Di Segni, e dai molti leader ebraici presenti. Rappresentanti delle istituzioni civili e celebrità si mischiavano fra il pubblico: il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della provincia Nicola Zingaretti, come anche  il  presentatore Pippo Baudo, che intervenendo dal pubblico ha affermato: “Mi ritengo onorato di essere qui con voi. Dobbiamo –  ha aggiunto rivolto al pubblico – portare d’esempio queste persone perché sono persone forti e libere”.
“Vi ringraziamo – ha detto invece Zingaretti – perché non tutti hanno avuto la vostra stessa forza. Da voi si accresce la nostra forza nella battaglia per continuare a ricordare”. Subito dopo Gianni Alemanno, ha sottolineato: “Questa giornata ha mostrato gli infiniti percorsi della memoria, che sono una vena inesauribile”. Il sindaco ha poi ricordato le numerose manifestazioni svoltesi oggi ed ha annunciato che intende proporre al Consiglio comunale di intitolare una via a Settimio Calò, che perse dieci figli nella Shoah.

“Vorrei ricordare ai perplessi  su questa giornata – ha detto poi Riccardo Pacifici – che gli ebrei non hanno bisogno del Giorno della Memoria per ricordarsi quello che sono. Il Giorno è una legge della Repubblica italiana. E’ una giornata in cui gli ebrei donano agli italiani la loro esperienza”. Ritornando sulle scritte antisemite apparse oggi in alcune vie di Roma, Pacifici ha aggiunto: “A essere sconfitti sono gli autori di questi gesti che dovrebbero preoccuparsi della loro posizione giuridica. Chiediamo che vengano perseguiti. Se pensavano di riaprire divisioni di natura politica si sono sbagliati. Non ci sono divisioni tra gruppi politici su questi temi. Gli sconfitti sono loro e la miglior risposta a chi compie simili atti è la vostra presenza qui questa sera”.
 
La risposta della gente agli atti vandalici di intolleranza la troviamo nel senso di apertura e tolleranza dimostrato da due ragazze presenti fra il pubblico.
Ci avevano colpito durante il corso della manifestazione, una di loro era visibilmente commossa. Avevamo pensato che avessero avuto parenti colpiti dal dramma della Shoah. Non era così, erano lì mosse dalla volontà di conoscere, di capire e ascoltare le testimonianze dirette di chi ha vissuto il dramma delle deportazioni e delle persecuzioni razziste. Le abbiamo fermate alla fine della manifestazione. 
 
Buona sera, eravate fra il pubblico, siete  iscritte a una comunità ebraica?
No
Perché vi trovate qui stasera?
Barbara Raddi: ho visto passando qui nei giorni scorsi il manifesto dell’evento e mi attirava l’idea di conoscere dal vivo le testimonianze di chi è sopravvissuto
I film e documentari non sono abbastanza?
Barbara: sì ma non riescono a trasmettere quelle sensazioni che la parola umana diretta è in grado di fare. Ascoltare le testimonianze dal vivo e le emozioni di chi ha vissuto in prima persona certi accadimenti è un’altra cosa. Ce ne vorrebbero di più di occasioni come questa.
Ti ho visto visibilmente commossa qual’è stata la testimonianza che più ti ha toccata?
Giuditta Milano: la testimonianza delle due sorelle, le più giovani fra i 14 sopravvissuti presenti, persa la mamma nei campi la più grande fra loro ne ha preso il posto, e la più piccola ha affermato di non essere mai più stata abbandonata.
E a te Barbara, cosa ti ha colpito?
Le parole di quel testimone che con commozione ha affermato a volte di aver invidiato coloro che non ci sono più, perché loro sono finalmente liberi dal dovere di ricordare
Alcuni pensano che ricordare e parlare troppo di Shoah generi la facile e unica associazione: ebreo uguale perseguitato, siete d’accordo?
No
Potete, per uscire da questa riduttiva associazione, raccontare se c’è qualcos’altro che  vi attira del mondo ebraico? E cosa in particolare?
Barbara risponde per entrambe: siamo coscienti che l’ebraismo è qualcos’altro, in questo film e libri aiutano molto. E poi (prosegue ironicamente) siamo attratte dalla cultura ebraica e israeliana in generale, dai canti per esempio, in particolar modo dalla musica Klezmer, e dal cibo, veniamo spesso infatti in Ghetto per gustare qualche piatto tipico.
“In questa sinagoga succedono cose incredibili”, aveva affermato il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni concludendo questa serata straordinaria. E anche questi incontri ne sono l’esempio.
 
Valerio Mieli