Memoria – Venezia, Celiberti, “Le mie opere per il ricordo”
In questo periodo si parla molto dell’importanza di trasmettere ai giovani il ricordo della Shoah, si afferma che senza memoria non c’è futuro, che la memoria rappresenta l’unico baluardo possibile contro il rischio che si ripeta una tragedia che ha segnato profondamente la storia dell’Europa. Quello che rimane ancora poco chiaro è quali contenuti si debbano tramandare alle nuove generazioni e in che modo farlo. Non è chiaro se il giorno della memoria debba essere un momento di riflessione ed elaborazione o una giornata che scada nella ritualità, un tritatutto mediatico dove gettare la propria coscienza insieme a spettacoli, mostre, discorsi più o meno confezionati e dibattiti che da anni inneggiano all’amore per il diverso, quando all’apparir del vero le parole cozzano con i fatti. Un bambino se ben direzionato, riesce ad esprimere un’intelligenza, una genuinità di intenti e una sensibilità che difficilmente un adulto, intrappolato in gabbie di razionalità, riuscirebbe ad esprimere.
E’ il caso dei ragazzi di alcune scuole di Venezia e dintorni, che negli scorsi mesi hanno avuto la possibilità di seguire un percorso educativo sulla Shoah organizzato dal Museo Ebraico di Venezia in collaborazione con la sezione locale dell’Associazione Figli della Shoah e gli Itinerari Educativi del Comune di Venezia.
Filo conduttore del progetto, concretizzatosi tra dicembre e gennaio, è stata l’esposizione temporanea delle opere di Giorgio Celiberti che ha voluto festeggiare gli 80 anni presentando i suoi lavori più significativi ispirati alla visita al campo di Terezin. Da quella esperienza il maestro ha realizzato il ciclo che lo rende noto al grande pubblico, quello dei Lager, costituito da tele preziose per impasti e cromie, nelle quali inserisce i segni innocenti lasciati sui muri dai bambini internati a Terezin. Cuori rossi e bianchi, elenchi di nomi, farfalle, piccole foto, colonne di numeri e lettere.
Un percorso innovativo che ha messo i ragazzi nelle condizioni di rielaborare in forma personale le suggestioni pervenute dalle opere esposte nella mostra. Gli elaborati dei partecipanti alle attività sono stati poi inseriti nel percorso dell’esposizione permettendo quindi agli studenti di vedere le proprie creazioni allestite tra le opere del maestro Celiberti, un artista ancora in vita che sa comunicare in maniera forte dei sentimenti su uno spaccato di storia, introdotto ai ragazzi con modalità differenziate secondo le diverse fasce d’età.
Il progetto è culminato ieri nell’incontro tra l’artista e i ragazzi delle classi terze della scuola media G. Volpi di Favaro Veneto. Presenti all’evento il vicepresidente di Codess cultura, Cristiana del Monaco e il direttore del museo ebraico di Venezia Roberto Bassi, che ha condiviso con i presenti la sua storia: le vicende di un bambino di sette anni allontanato dalla sua classe in quanto nemico della patria, in quanto ebreo e costretto a fuggire a Roma con la famiglia per salvarsi dalle persecuzioni.
Sono poi intervenuti l’assessore alle politiche giovanili, Anna Maria Miraglia e l’assessore alla produzione culturale, Luana Zanella per portare il saluto del Comune di Venezia, che anche quest’anno ha proseguito la sua opera di sensibilizzazione culturale presso gli istituti scolastici veneziani primari e secondari.
L’attività è proseguita con la proiezione di un video preparato per l’occasione dai ragazzi: immagini e testi che via via si affastellano sullo schermo, poesie anonime o d’autori come Bertold Brecht, Pablo Neruda, che i ragazzi hanno letto dal vivo e che richiamano ai concetti di esilio e anima, cari al maestro Celiberti.
In chiusura Marina Scarpa Campos, presidente della sezione veneziana dei Figli della Shoah, ha voluto leggere alcune righe di Goti Bauer, deportata ad Auschwitz insieme ai genitori e al fratello e liberata a Terezin l’8 maggio del 1945. Una testimonianza vivida di chi, a soli 14 anni, ha vissuto la tragedia con la consapevolezza nel cuore di poter uscire dal campo solo “Durch der Kamin”, attraverso il camino del forno crematorio.
Michael Calimani