Per combattere il pregiudizio, l’emotività dei media non serve

Sono davvero antisemiti, gli italiani? E quanto? E il loro sentimento di pregiudizio, sta crescendo? L’indigestione mediatica che quest’anno come non mai ha trascinato con sé la decima edizione del Giorno della memoria, fra i tanti suoi effetti che meriterebbero di essere studiati a lungo dagli esperti di comunicazione, ha portato a galla anche molti segnali di allarme sul livello di antisemitismo e di intolleranza espresso dalla società italiana. Nei momenti di forte eccitazione, si sa, qualche giornalista corre il rischio di farsi prendere la mano e nel tentativo di “tenere su” la notizia, valutazioni e dati finiscono per dimostrare quello che non è. La questione è molto delicata proprio quando si parla di antisemitismo, di razzismo, di intolleranza. Fenomeni certamente presenti in misura inquietante nella nostra società, sfide che devono essere raccolte con decisione ed estrema fermezza dalle organizzazioni ebraiche, dalle minoranze in genere e dalle realtà antirazziste. Ma proprio per questo motivo anche fattori che devono essere analizzati nelle loro giuste proporzioni e nella loro reale natura, evitando accuratamente forzature sensazionalistiche che potrebbero paradossalmente trascinare un pericoloso effetto di banalizzazione del male.
Così i lanci di alcune agenzie di stampa, ripresi anche da alcuni quotidiani, che parlavano di una percentuale del 44 per cento di italiani ostili agli ebrei, partivano certo da qualche elemento reale e molto allarmante, ma al tempo stesso lasciano perplessi. Nella fretta di sottolineare un dato inquietante e quindi di per sé clamoroso, infatti, si corre il rischio di perdere di vista i contorni di un fenomeno complesso che non può essere trattato a furia di semplificazioni.
Se si cerca di ricostruire da dove siano emersi gli indicatori più controversi citati negli scorsi giorni, sembra inevitabile risalire al più recente rapporto dell’Osservatorio contro il pregiudizio del Centro di Documentazione ebraica contemporanea (Cdec) di Milano. Il lavoro, molto impegnativo e che ha richiesto l’utilizzo di ricerche e metodologie tali da farne un momento di svolta nelle conoscenze contro l’antisemitismo e il pregiudizio nel nostro Paese, ha ormai già quasi un anno di vita. I dati dedotti da questa ricerca, di conseguenza, non sono nuovissimi, ma ancora molto aderenti alla realtà italiana. Resta il fatto che questa macroscopica percentuale del 44 per cento può essere dedotta solo da un’aggregazione molto frettolosa di elementi diversi e per molti aspetti non assimilabili.
“Una cosa – spiega Betti Guetta (nell’immagine a lato), ricercatrice al Cdec e autrice del rapporto assieme a Renato Mannheimer, Adriana Goldstaub, Renzo Campelli e Leone Hassan – è mettere sotto la lente di ingrandimento un autentico sentimento di antisemitismo, un’altra è misurare il diffuso stato di pregiudizio e di ignoranza che pervade la società italiana”.
I dati illustrati dal rapporto mostrano una percentuale di antisemitismo dichiarato che riguarda circa l’11 per cento degli italiani e solo sommando ogni altro elemento di ignoranza, disinformazione e pregiudizio è possibile arrivare alla percentuale del 44 per cento.
Sia l’odio che l’ignoranza, ovviamente, costituiscono motivo di allarme e stimolo ad agire, ma sulla base di logiche diverse che non possono essere amalgamate solo per rendere un titolo più strillato e appetibile.
La sfida di chi vuole davvero combattere e sradicare l’antisemitismo dalla società italiana è quella di analizzare ogni specifico segmento di questa grande zona d’ombra e intervenire su ogni realtà con i mezzi opportuni. Ci sono italiani che ammantano dietro a critiche preconcette e strumentali nei confronti della realtà di Israele il loro odio per gli ebrei. Ci sono italiani che tentano di diffondere l’odio e che devono trovare risposte adeguate al loro cosciente atteggiamento. E ci sono italiani che esprimono pregiudizi e lacune pericolose, ma che devono proprio per questo fatto ricevere elementi di conoscenza e di giudizio equilibrato.
“Sono quelli – spiega Betti Guetta – che fanno fatica a vedere nell’altro o in una minoranza, l’umanità dei singoli, ma proiettano nei loro timori e nella loro ignoranza pregiudizi verso realtà che percepiscono come indistinte e minacciose”. Il lavoro di chi vuole combattere l’antisemitismo e il pregiudizio è quello di prendere le giuste misure e di assumere le reazioni appropriate, evitando i polveroni.
A questo fine potrà essere prezioso il contributo dell’Indagine conoscitiva sull’antisemitismo, promossa con una prima audizione alla Camera dei Deputati dal ministro degli Esteri Frattini assieme alla vicepresidente della Commissione Esteri della Camera, Fiamma Nirenstein, proprio nel giorno in cui il Presidente della Camera Gianfranco Fini invitava a parlare in Aula il premio Nobel Elie Wiesel in occasione del Giorno della Memoria.

Guido Vitale