l’Esodo

Mitzraim, l’Egitto, può essere letto anche come Meitzarim, cioè “luoghi angusti”. L’Egitto non rappresenta solo la schiavitù e l’oppressione fisica; indica anche l’angustia (metzer), l’angoscia, la depressione dell’anima che soffoca, che non riesce a respirare (neshamà, anima, ha due lettere, shin e mem, in comune con neshimà, respiro). Perché l’anima non sa più ascoltare la voce dell’altro, prima ancora della propria voce interiore. Così rimane chiusa, prigioniera. Rimane ferma alla riva del passato, non osa attraversare le acque del presente alla ricerca dello spazio aperto del deserto. Teme il futuro e rischia di morire asfissiata in un passato che non passa. La liberazione dell’esodo non è solo quella del popolo, ma è anche quella personale. E spesso si resta alla riva, nell’angoscia dettata dal proprio sé, forse il più feroce carceriere.

Donatella Di Cesare, filosofa