Memoria – “Il libro dei deportati”, Mantelli descrive il suo progetto
Il 27 gennaio è uscito il secondo volume de “Il Libro dei deportati”, monumentale opera sulla storia della deportazione dall’Italia ai Lager nazisti. “Deportati, deportatori, tempi, luoghi” (ed. Mursia) racconta la realtà dell’Italia occupata: da Asti a Firenze, da Pavia a Trieste, quindici saggi per ricostruire la memoria di un paese. Il progetto di ricerca, finanziato dalla Compagnia di San Paolo, è diretto da Nicola Tranfaglia e Brunello Mantelli. Proprio con Mantelli, docente di Storia all’Università di Torino, in occasione della due giorni di convegno (28-29 gennaio) incentrata sul nuovo volume, abbiamo ricostruito le tappe di questo articolato e difficile lavoro.
Com’è nato il progetto?
La ricerca è sostanzialmente iniziata nel 2002 su iniziativa di Bruno Vasari (scomparso nel 2007), maestro e mentore dell’indagine storiografica sulla galassia concentrazionaria nazista, in particolare in riferimento alla deportazione dall’Italia ai Lager. Il nostro lavoro cerca di ridare un nome, una storia, un contesto alle persone dimenticate dalla memoria pubblica. In pratica vogliamo capovolgere la famosa e infelice frase di Stalin “la morte di un uomo è una tragedia, un milione di morti è statistica”; ciascun uomo o donna ha vissuto la propria tragedia come singolo, ricordarne il viso, le vicende, i luoghi è un atto necessario.
Il primo volume, I deportati politici 1943-1945, è uscito lo scorso 27 gennaio e conteneva le 23286 biografie dei deportati italiani nei Lager. Il secondo di cosa tratta?
Questo volume è dedicato ad un approfondimento a livello regionale sulla macchina deportatoria. Ciascun luogo ha le sue caratteristiche, le sue peculiarità, quanto successo nel novarese è diverso da ciò che accede a Ferrara e così via. Proprio per queste differenze abbiamo deciso di costruire una rete nazionale di ricerca, affidandoci a Istituti storici della Resistenza, a team o a singoli ricercatori legati al territorio, pertanto dotati di una sensibilità particolare. La somma di questi lavori da un’immagine dell’intero quadro storico dell’Italia di quel periodo. Con questo però non voglio dire che la ricerca sia finita, tutt’altro questo è un punto di partenza.
Un ulteriore passo avanti sarà la pubblicazione del terzo volume.
Sì, per aprile dovrebbe essere pronto. Conterrà dei saggi sui campi di concentramento, sulle deportazioni dei lavoratori industriali, una rassegna sui rastrellamenti e le retate in Italia, un quadro bibliografico italiano e internazionale sull’argomento. Vi saranno anche delle analisi elaborate dal gruppo centrale di ricerca. Inoltre abbiamo previsto una quarto volume che di fatto sarà la riedizione ampliata de Il libro della memoria, con alcuni approfondimenti di Liliana Picciotto. Ad esempio grazie ai dati ottenuti dai musei dei campi, è stato possibile integrare le biografie, di deportati ebrei e politici, sopravvissuti ad Auschwitz o Buchenwald.
Prima diceva che questo è solo il punto di partenza. Cos’altro i può fare?
Molto, moltissimo. Si può fare un salto di scala, lavorando in ambito locale, chiedendo ai comuni di integrare le notizie biografiche. Ad esempio si possono aggiungere foto, grado militare, pagelle scolastiche, occupazione precedente alla deportazione, ricostruire la vita di queste persone insomma.
Altro impegno importante è la costruzione di una memoria pubblica. L’idea è di seguire l’esempio tedesco dei Stolperstein, collocando anche in Piemonte le “pietre della memoria” là dove sono vissuti deportati, come peraltro ha già fatto la città di Saluzzo.
Daniel Reichel