L’America chiede più sacrifici al nostro business
Necessità di sacrifici economici sull’Iran e impegno comune per la difesa dei diritti umani in Cina: sono i due messaggi che Casa Bianca e Congresso hanno consegnato al presidente della Camera, Gianfranco Fini, durante una visita nella quale è stato trattato alla stregua di un leader di governo.
L’incontro alla Casa Bianca con Joe Biden è stato confermato a Fini solo poco prima dell’atterraggio alla base di Andrews ma la suspense del cerimoniale è stata ripagata da un vicepresidente che ha accolto l’ospite discutendo a tutto campo – per oltre un’ora – i temi bilaterali che l’Amministrazione considera più urgenti. A cominciare dall’Iran, dove Biden, pur plaudendo agli impegni presi dal premier Berlusconi alla Knesset di Gerusalemme contro il nucleare, ha posto con franchezza a Fini la necessità per l’Italia di «affrontare sacrifici» per fermare gli investimenti delle aziende italiane che rafforzano l’economia degli ayatollah.
Washington vede una discrepanza fra le prese di posizione del governo italiano a favore di nuove sanzioni e il fatto che imprese come Eni e Enel continuino a rafforzare la presenza nel settore energetico mentre altre, di dimensioni minori, fanno a gara nel recarsi a Teheran. Fini ha assicurato a Biden che «l’Eni ha invertito la rotta sull’Iran» e le indiscrezioni, che circolano da alcuni giorni, su una possibile marcia indietro di Finmeccanica su una commessa di turbine a Teheran sono state registrate dagli americani con favore. Nel colloquio Biden aveva con sé Tony Blinken, suo consigliere per la sicurezza nazionale ed esperto di Europa dai tempi di Bill Clinton, mentre Fini aveva al fianco Giulio Terzi, ambasciatore a Washington veterano dell’Onu, e Alessandro Ruben, regista della visita e paziente tessitore dei rapporti bilaterali: ne è scaturito un confronto a più voci sui temi della sicurezza, nel quale Biden si è soffermato in particolare sull’importanza del ruolo dei carabinieri nell’addestramento delle truppe e della polizia afghane. «Abbiamo discusso del bisogno di rafforzare la cooperazione internazionale per impedire all’Iran di avere l’atomica e per consolidare la missione Nato in Afghanistan» ha fatto sapere la Casa Bianca, con un comunicato reso noto ieri. Lasciata la Casa Bianca per Capitol Hill, Fini si è trovato immerso nella difficile fase dei rapporti fra Usa e Cina. Prima John Kerry, capo della commissione Esteri del Senato, e poi Nancy Pelosi,presidente della Camera, gli hanno posto la questione della «necessità del rispetto dei diritti umani» da parte di Pechino, facendo capire che il Congresso è disposto a prendere iniziative su questo fronte nonostante il pesante indebitamento Usa nei confronti della Cina. E all’uscita del colloquio con la Pelosi, Fini ha fatto riferimento proprio a questo tema affermando: «Italia e Stati Uniti sono assieme nel difendere i diritti umani lì dove sono negati». La sera prima, incontrando sempre la Pelosi alla «Member’s Room» della Biblioteca del Congresso e portandole in omaggio un prezioso volume, Fini era andando anche più in là: «Il modo migliore per onorare la memoria di quegli americani che si sono battuti per difendere la libertà in Europa è impegnarsi ora a favore della libertà di quei popoli che non ce l’hanno». Fini ha identificato tale impegno con «valori comuni ai nostri Paesi che non cambiano con le elezioni» e poi ha concordato con Pelosi parlando di «difesa dei valori della dignità umana e della libertà umana» con accenti che hanno evocato nel pubblico dei congressisti presenti tanto la necessità di essere presenti in Afghanistan per impedire un ritorno dei taleban quando l’importanza di non abbandonare i dissidenti che si battono per affermare i diritti dei cittadini in nazioni come Cina, Iran e Sudan. In tale cornice Pelosi ha discusso con Fini la proposta di Elie Wiesel, premio Nobel per la pace, di far approvare dalle rispettive aule delle leggi per dichiarare «crimini contro l’umanità» gli attentati suicidi. Fini ha voluto anche rendere omaggio agli Stati Uniti «terra di immigrati» sottolineando come il fatto che «una donna nelle cui vene scorre sangue italiano sia diventata presidente della Camera» testimoni «la grandezza americana in materia di immigrazione». E la Pelosi lo ha ricambiato con una definizione da statista: «Fini è un uomo del popolo la cui leadership non può non accrescere i rapporti bilaterali che sono già molto forti». A conclusione della visita Nancy Pelosi ha fatto omaggio all’ospite della bandiera del Congresso con una cerimonia molto formale nella Rotunda di Capitol Hill. Subito dopo Fini è partito alla volta di New York dove ha incontrato il Segretario generale dell’Onu Ban Ki moon per discutere le nuove incombenti sanzioni contro il programma nucleare di Teheran.
Maurizio Molinari, La Stampa, 5 febbraio 2010