…longevità

I ricercatori dell’Einstein College di New York, guidati dal genetista Nir Barzilai, stanno
facendo ricerche sul corredo genetico degli ebrei ashkenaziti viventi negli Stati Uniti per individuare
i fattori genetici che prolungano la vita. Sembra infatti che fra gli Ashkenaziti censiti nella ricerca la possibilità di raggiungere i cento anni siano venti volte superiori alla media. Sono sempre un po’ diffidente di questo genere di affermazioni, fatto salvo il rispetto dovuto ai genetisti. Già nel 1348 si diceva che gli ebrei fossero più resistenti alla peste, affermazione malevola perché unita all’accusa di spargerla, che è stata all’epoca smentita fin dal papa, che scrisse una bolla apposta per ricordare che gli ebrei morivano come e quanto i cristiani. Non vorrei che fosse un’altra balla, come quella che gli ebrei avvelenavano i pozzi, rimasta presente nel linguaggio della metafora anche oggi che non si attinge più l’acqua al pozzo sotto casa. Tra le balle, comunque, sembra fra le più innocue. E poi, nella storia, fra pogrom, persecuzioni, stermini, il tasso di mortalità degli ebrei è sempre stato tanto alto, che l’idea di essere portatori dei geni che daranno a tutti l’elizir di lunga vita non può che rallegrarci. O almeno dovrebbe, fatto salvo il brivido che ci percorre ogni volta che si parla di fattori genetici propri degli ebrei, e fatto salvo il dubbio che raggiungere i cento anni non sia proprio il massimo dei traguardi, in un mondo in cui la mortalità infantile permane devastante.

Anna Foa, storica