Il dono di Rav Di Segni al papa, invito a una riflessione spirituale

Tobia Ravà, la cui ascendenza artistica è ricollegabile al Surrealismo storico, nasce a Padova nel 1959. Da anni vive e lavora tra Venezia e Milano. Sin dagli inizi della carriera di pittore si è trovato a fare i conti con le proprie radici religiose. Non per nulla, la sua tesi di laurea è dedicata al tema dell’interdizione visiva nell’arte ebraica. Il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, donando il dipinto commissionato a Ravà La direzione spirituale a Papa Benedetto XVI – durante la visita in Sinagoga del 17 gennaio – ha porto non un oggetto meramente estetico, ma una colta e poetica pagina di pittura che, tramite il linguaggio della ghematrià, invita a una riflessione spirituale tra le due religioni monoteiste, concilia per un attimo l’interpretazione dei sogni di Freud con la ricerca archetipica di C.G. Jung.
La raffigurazione visiva di Ravà tende a superare i freddi confini dell’onirico per approdare a una condizione mistica, quella di un paesaggio boschivo azzurro formato da numeri lettere e parole ebraiche. La prospettiva centrale del pioppeto conduce come visione all’infinito: verso la direzione spirituale, come titola infatti il dipinto. In lontananza appare il biancore di una forma astratta, segno e segnale dell’Invisibile che non ha volto. Il critico d’arte Maria Luisa Trevisan, nel saggio esaustivo, rivela l’arcano dei contenuti ghematrici: “L’opera si fa testo, apparentemente indecifrabile e criptico, ma non appena ci si addentra nella foresta dei simboli, e con un po’ di pazienza si cominciano ad isolare le lettere e i numeri, si scoprono dei meravigliosi significati nascosti tra i rami e nei meandri di questi boschi. Affiorano nomi, messaggi, ed anche la firma dell’artista (32). L’opera è incentrata sulla data della visita che compare in alto, in cielo, e sul nome “baruch”, in omaggio a Benedetto XVI, ed il numero 16, che troviamo invece a terra, con tutti i valori ghematrici, numerici e teosofici, collegati; è un inno al divino, alla terra al creato, all’amore, all’unione, e alla concordia tra gli uomini, come nella citazione testuale del Salmo 122, verso 6: shalu 377 shalom 376 Jerusalem 586 isch laiu oheveich (Pregate per il bene di Gerusalemme: possano godere di tranquillità coloro che ti amano)”.
E’ evidente, in questo gesto di alta spiritualità di Rav Di Segni, l’invito a Benedetto XVI per una preghiera in comune. Sempre meglio di un dono esibizionistico, di valore come un oggetto prezioso in argento, legato al rituale ebraico.

Paolo Levi