Qui Milano – Rav Laras: “Dal papa, nessuna parola riparatrice”

A seguito della visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma, è probabilmente arrivato il momento di trarre qualche riflessione”, esordisce Rav Giuseppe Laras, “il grande assente” dell’incontro tra Papa Ratzinger e gli ebrei di Roma. Presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana, rabbino emerito della Comunità di Milano dopo aver ricoperto per 25 anni la carica di Rabbino capo, professore emerito di Storia del pensiero ebraico all’Università di Milano, Rav Laras è da trent’anni una delle figure chiave del dialogo inter-religioso ebraico-cristiano.
Lei non ha mai nascosto le sue posizioni circa questa visita. Su che cosa si basava il suo dissenso?
L’intervento del Papa in sinagoga non presentava alcun particolare elemento innovativo rispetto a quanto ci si attendeva e rispetto alle dichiarazioni ufficiali della Santa Sede degli ultimi anni circa il dialogo con gli ebrei. Il discorso papale, pur ribadendo la condanna dell’antisemitismo da parte della Chiesa Cattolica, non ha aggiunto nulla di nuovo. Soprattutto da parte del Papa non vi sono state parole chiarificatrici e riparatrici in relazione alle polemiche suscitate in tutto il mondo ebraico a seguito proprio delle iniziative sottoscritte dallo stesso Benedetto XVI in questi ultimi anni (il rito cattolico dell’Oremus; la revoca della scomunica ai Lefevriani; la questione di Pio XII), che inevitabilmente hanno complicato e reso più difficoltoso il dialogo tra ebrei e cristiani. Per quanto riguarda l’accenno del Papa al fatto che, nel corso della Shoà, siano stati salvati degli ebrei, su istruzione della Santa Sede, anche questo era un fatto noto. Il suo discorso però non allontana affatto alcuni interrogativi molto seri. Mentre gli ebrei, perseguitati in tutta Europa, morivano a milioni, Pio XII ha mantenuto un assordante silenzio che è perdurato anni: perché? Può, in quel contesto drammatico, e specialmente considerate l’importanza, l’autorevolezza e l’universalità del ruolo del Papa, tale silenzio essere compatibile con le citate “virtù eroiche”?
Perché ha deciso di non partecipare all’incontro?
Circa la mia assenza, su cui molti hanno disquisito a sproposito, vorrei precisare che essa non è stata motivata dalla volontà polemica di fare dispetto a qualcuno. Il vero motivo è che io ho ritenuto doveroso esprimere i miei sentimenti, ritenendo con ciò di dare voce anche a quelli di molti altri ebrei. Di fronte alle proclamate “virtù eroiche” di Pio XII, annunciate dal Papa alla quasi vigilia della visita, e considerati anche i precedenti incidenti cui accennavo, ho espresso i miei sentimenti di “figlio della Shoà”, che ha sofferto sulla propria pelle personalmente e familiarmente le persecuzioni nazifasciste. Ho quindi ritenuto impossibile per me, date queste premesse, presenziare all’evento. Vorrei precisare che, ovviamente, non ho mai ritenuto che venisse annullata o rinviata la visita papale, ma più semplicemente volevo che si pretendesse da parte nostra una chiara dichiarazione della Santa Sede che dimostrasse di aver compreso il nostro disagio e le nostre riserve, cosa che non è avvenuta. L’avvio annunciato del processo di beatificazione di Pio XII, elevandolo così a modello morale da imitare, immediatamente a ridosso della visita, è stato e rimane una grossa mancanza di sensibilità nei nostri confronti.
Qual è adesso il suo giudizio?
A “effetti speciali” conclusi e a telecamere spente, resta importantissimo il dialogo con i cattolici e con i cristiani in genere. Dialogo che deve necessariamente coinvolgere sempre più persone di buona volontà di entrambe le comunità, e che possibilmente si apra anche all’Islàm.Solo il coinvolgimento e l’avvicinamento delle rispettive basi, potrà portare un significativo e reale miglioramento e arricchimento dei rapporti, costituendo così un’efficace baluardo contro antisemitismo e antigiudaismo. Ed è questo che conta.

Fiona Diwan
(Bollettino della Comunità ebraica di Milano, Febbraio 2010)