Qui Milano – Il Nord alla sfida dell’immigrazione Fiano: “Servono politiche costruttive”

Milano come Rosarno? Sabato pomeriggio in via Padova, solo quattro fermate di metropolitana dall’esclusiva via Montenapoleone, esplode il conflitto etnico in una bolla di degrado nella città che ora viene descritta come “dimenticata dalle istituzioni”. Una notte di scontri e vandalismi, protagoniste bande rivali, latinos contro nordafricani. Vittima dello scontro è il ventenne egiziano Ahmed Abdel Aziz, ucciso con un coltello.
L’onorevole Emanuele Fiano, responsabile Pd per la sicurezza, parteciperà al dibattito “Integrazione e sviluppo, il Nord alla sfida dell’immigrazione”, che si terrà questo pomeriggio 15 febbraio alle 17.30 in via Eupili 8, organizzato dall’Associazione di cultura ebraica Hans Jonas. Interverranno anche Stefano Bolognini, assessore alla Provincia di Milano con delega alla sicurezza, Daniele Farina, coordinatore milanese di Sinistra ecologica e libertà, e Carlo Fidanza, eurodeputato Pdl. Un tema che alla luce degli ultimi eventi si conferma quanto mai attuale, e che tocca da vicino gli ebrei italiani, la più antica minoranza del nostro paese.
Onorevole Fiano, qual è il suo commento sulla questione dell’integrazione, alla luce dei fatti di via Padova?
Penso prima di tutto che il problema dell’integrazione e delle condizioni di vita degli immigrati sia in generale sottovalutato, specie nelle realtà in cui accade che l’apparenza inganni, come a Milano. Si potrebbe pensare che in questa città, dove gli stranieri in regola sono una percentuale molto alta, l’integrazione funzioni bene, il quadro economico sia positivo e quindi tale da evitare che gli immigrati vivano in un contesto di illegalità e degrado. Questo rappresenta un approccio miope. I quartieri che si trovano in queste situazioni di estrema difficoltà, a prevalenza etnica marcata ci sono anche qui. Bisogna prendere coscienza della situazione e affrontarla, investendo denaro pubblico e avendo il coraggio di fare scelte anche impopolari, se necessario.
Dopo questi ultimi scontri, in molti hanno puntato il dito contro l’immigrazione clandestina. È questo il punto su cui concentrarsi per trovare una soluzione?
Sicuramente tra i clandestini sono più numerosi coloro che vivono grazie ai proventi di attività illecite, e il problema va affrontato con decisione. Ma il degrado e l’insofferenza coinvolgono anche moltissimi immigrati regolari e questo non può essere dimenticato. Le statistiche ci dicono che a Rosarno l’85 per cento degli stranieri che sono stati fatti sgombrare dalle baraccopoli erano in regola. Un dato del genere dovrebbe farci riflettere.
Lei pensa che le istituzioni ebraiche italiane possano dare un contributo alla questione dell’integrazione, considerando l’esperienza ormai bimillenaria della minoranza ebraica, e anche la capacità di accogliere le migliaia di ebrei in fuga, in maggioranza proprio dai paesi arabi che l’ebraismo italiano ha saputo mettere in campo?
Sicuramente gli ebrei in Italia possono rappresentare un esempio importante. Manteniamo la nostra cultura, continuiamo a tramandare le nostre tradizioni, ma al tempo stesso rispettiamo le leggi del nostro paese, e sentiamo di farne profondamente parte. L’ebraismo italiano dimostra quindi di coniugare il binomio fondamentale, non assimilazione, ma nemmeno chiusura verso la società esterna. Per quanto riguarda le politiche di accoglienza delle istituzioni ebraiche, sicuramente hanno rappresentato un successo importante, però ritengo sia necessario fare delle distinzioni rispetto alla situazione del paese. La prima è di tipo quantitativo. Per gli ebrei italiani si è trattato dell’arrivo di alcune migliaia di persone, mentre in Italia ragioniamo ormai su cifre delle centinaia di migliaia, se non addirittura di milioni di immigrati. Non meno importante è poi il fatto che gli ebrei che arrivavano nel nostro paese venivano accolti come fratelli, come parte della famiglia, dagli ebrei italiani. Una situazione che purtroppo è molto diversa da quella che vivono gli immigrati normalmente.
Nel dibattito organizzato dall’Associazione Hans Jonas, lei si confronterà con esponenti di altri partiti politici. Ritiene sia possibile individuare delle soluzioni condivise ai problemi sul campo?
Tutte le forze politiche hanno l’obiettivo di risolvere queste situazioni. Certamente non possiamo essere d’accordo con l’idea di “andare casa per casa” a cercare non si sa bene cosa, come ha proposto qualcuno. Ma se si tratta di individuare delle politiche mirate a intervenire in modo costruttivo, come è successo in altri casi, l’opposizione farà la propria parte. Ricordo per esempio l’esperienza di via Paolo Sarpi, che è stata trasformata in isola pedonale per combattere lo scarso rispetto delle regole da parte dei commercianti cinesi, e contemporaneamente si è incentivato lo studio della lingua italiana nell’ambito di questa comunità e sono stati aumentati i controlli perché i bambini venissero mandati a scuola. Questo è il tipo di iniziative che possono contribuire davvero a risolvere i problemi.

Rossella Tercatin