Qui Torino – Il Rabbino e il Cardinale: “Dio è presente nella vita di ognuno di noi”

Esattamente un mese dopo la visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma, la Comunità Ebraica di Torino ha accolto il cardinale Severino Poletto, arcivescovo della città piemontese. “Una tappa nella strada della riconciliazione, della fraternità e dell’amicizia ” ha sottolineato il cardinale riferendosi alla visita e ringraziando per l’invito il rabbino capo Alberto Somekh e il presidente Tullio Levi.
L’incontro si è aperto sulle note di “ve ani be-rov chasdecha”, cantato da Baruch e Shemuel Lampronti davanti ad un pubblico appartenente a diverse professioni. Erano presenti infatti, oltre ovviamente ai membri della Comunità, padre Berinetti del Comitato interfedi, don Stefano Rosso dell’Associazione Amicizia Ebraico Cristiana, il pastore valdese Paolo Ribet, il portavoce della sezione italiana del Coreis, Yunus Abd al-Nur Distefano.
“La comunità di Torino è onorata della sua visita” dice il vicepresidente della comunità Edoardo Segre, passando la parola al presidente Levi. “Dopo due millenni di convivenza difficile e talvolta drammatica” racconta Levi “ebrei e cattolici stanno cercando di costruire un diverso rapporto sulle rinnovate basi che il Concilio Vaticano II e l’Enciclica Nostra Aetate hanno stabilito”. Il presidente ha poi sottolineato l’attualità dell’esperienza di dialogo fra le religioni e la sua stretta attinenza con la società che ci circonda: “questo sforzo comune può certamente rappresentare un modello e un esempio per risolvere i problemi di una società sempre più composita e al cui interno sono destinate a convivere etnie, culture, religioni e tradizioni le più diverse. E’ dunque una grande responsabilità quella che pesa sulle nostre spalle e l’auspicio che, cogliendo l’occasione di questo importante incontro, mi sento di formulare è quello di essere – noi tutti – in grado e determinati a farvi fronte”.
Il saluto del rav Somekh si è aperto con una formula nell’antica lingua aramaica ‘il Misericordioso Ti ricordi in pace’. Misericordia, memoria e pace erano al centro del suo discorso, in particolare il rav ha voluto ricordare “Pace significa sottoscrivere un accordo fra le religioni sulla sacralità della vita umana, non solo in funzione di un’etica del concepimento e della morte clinica, ma anche per condannare chi accetta di privarsi della propria vita pur di distruggere quella altrui”. La riflessione di Somekh verteva, fra l’altro, sulla necessità di diffondere i valori della religione in una società troppo egoistica e consumista. Non solo, la fede religiosa non deve essere addotta come fondamento di un conflitto. “Nella Sua infinita grandezza, D. trova il modo di comunicare con ciascun individuo” spiega il rav “con ciascun popolo e ciascuna cultura nel linguaggio suo proprio, come un bravo Genitore che riesce a trasmettere il proprio affetto ai Suoi figli in modo che ognuno lo avverta tutto per sé, senza tuttavia suscitare la gelosia degli altri. In quanto fratelli, non sciupiamo questa straordinaria esperienza”.
Sulla fraternità e l’amicizia ha fatto leva il cardinale Poletto, soffermandosi sulla necessità di ricordare gli errori della chiesa nel passato nei confronti del popolo ebraico. In particolare, facendo riferimento ad una recente pubblicazione dal titolo “Ebrei e cristiani lungo la storia”, di cui uno dei relatori è rav Giuseppe Laras, l’arcivescovo di Torino ha spiegato che questo volume promuove “la conoscenza della ricchezza della tradizione ebraica, senza tacere le tensioni forti e le ingiustizie da cui tali rapporti sono stati segnati e per le quali la Chiesa ha chiesto perdono in relazione alle colpe dei suoi figli”.
Uno dei passaggi del cardinale, peraltro si avvicinava molto a quanto detto in precedenza da rav Somekh, in relazione alla necessità di non dimenticare la presenza di Dio “nella quotidianità della nostra esistenza”. L’arcivescovo ha voluto terminare il suo discorso, appellandosi ai presenti “noi siamo chiamati a sentirci investiti dal compito gioioso e della seria responsabilità di testimoniare agli uomini di oggi, ai nostri cittadini, la prossimità di Dio. Siamo chiamati a farlo insieme, a partire dal profondo legame che la Chiesa sente con il popolo ebraico, scelto dal Signore primo tra tutti ad accogliere la sua parola”.
La comunità ebraica ha poi donato al cardinale una Torah con la traduzione di rav Dario Disegni e il presidente, in compagnia di rav Somekh e del vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Claudia De Benedetti, ha mostrato all’arcivescovo le due sinagoghe e l’archivio delle tradizioni ebraiche intitolato alla memoria di Benvenuto e Alessandro Terracini.

Daniel Reichel