Qui Milano – Un nuovo centro sociale per la Comunità
“Per la Comunità, i giovani e l’educazione sono una priorità fondamentale, perché rappresentano il nostro futuro. Tuttavia vorrei ricordare anche la grave crisi economica che colpisce duramente tante nostre famiglie. Il costo dei servizi sociali è quadruplicato negli ultimi anni, e le divisioni al nostro interno acuiscono le difficoltà. Certo un centro per i giovani può essere molto importante per superare tanti problemi, e se sarà possibile ricostituirlo la Comunità farà la propria parte”. Lo ha affermato il Presidente della Comunità Ebraica di Milano Leone Sued nel corso di una serata dedicata alle strutture sociali da destinare ai giovani milanesi.
Centro sociale sì, centro sociale no. Da qualche tempo all’interno della Comunità ebraica di Milano si sta riflettendo sulle poche possibilità offerte ai giovani. Ha preso forza l’idea di aprire un centro sociale, ricordando il mitico centro Maurizio Levi, chiuso una ventina d’anni fa. Al Maurizio Levi si andava per studiare, giocare a carte, partecipare a dibattiti, ma soprattutto per fare nuove conoscenze. E sono decine le coppie che si sono incontrate lì, compresa quella della signora Miriam Hason, che ha organizzato, per discutere il tema, una serata al centro Noam, dal titolo “Dove vanno i nostri figli? Vogliamo smettere di chiedercelo e dare a tutti i ragazzi della nostra comunità la possibilità di incontrarsi?”.
Così Dolfi Diwald, che è stato per molti anni presidente e animatore del centro Levi ha ricordato come quel luogo rappresentasse un posto per tutti, e soprattutto per coloro che non erano inseriti nel contesto della comunità. “A seconda delle iniziative, venivano coinvolti giovani di diverse età, ma la domenica pomeriggio le mamme portavano lì i bambini, e i dibattiti erano frequentati da tutta la comunità, come quando venne Menachem Begin”. Il problema delle politiche per i giovani è stato analizzato anche da un’altra angolazione, quella della frammentazione della comunità milanese, che si riflette sui ragazzi specie per i due gruppi più numerosi, quello persiano e quello libanese, che tendono a chiudersi nei confronti del resto della comunità.
Rav Levi Hazan, del movimento Chabad, ha chiarito che, se le differenti tradizioni hanno sempre rappresentato un’enorme ricchezza dell’ebraismo nel mondo, “le divisioni negative ci spezzano. Per cui occorre sforzarsi di cambiare mentalità e un luogo in cui tutti possano sentirsi a proprio agio potrebbe essere di grande aiuto”. Fermamente favorevole alla creazione di un centro sociale si è detto Yoram Ortona (nell’immagine in alto a sinistra insieme alla vicepresidente Ucei Claudia De Benedetti, Tana Abeni, Simone Mortara e David Piazza), assessore alla comunicazione della Comunità di Milano e Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. “Non dobbiamo dimenticare che la realtà giovanile è molto complessa. Noi abbiamo il dovere di offrire qualcosa ai giovani, che permetta loro di confrontarsi con la società dei nostri tempi in maniera positiva. Per ottenere questo risultato servono fondi, strategie e soprattutto ascoltare e collaborare con i ragazzi stessi”.
C’è però anche chi ritiene sia più produttivo concentrarsi su quello che la Comunità di Milano già offre, guardando al bicchiere mezzo pieno. Così Claudia De Benedetti, assessore ai giovani dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane “E’ vero che ogni volta che vengo a Milano rimango colpita per le tante comunità nella comunità. Ma sono anche colpita dalla vitalità, dall’impegno, dal numero di iniziative che esistono qui. Questo è fondamentale, più che qualsiasi sede o luogo. Facciamo sentire ai nostri giovani l’appoggio e la fiducia, perché già questo consente di ottenere risultati straordinari”.
L’assessore ai giovani della Comunità di Milano David Piazza ha ricordato la creazione dell’Ufficio giovani Efes2, che negli ultimi due anni ha organizzato attività di ogni genere, dai corsi di danza e cucina, agli aperitivi dibattito. “Sui giovani, la Comunità non si è mai tirata indietro, e non lo farà nemmeno se si deciderà di puntare sulla riapertura di un centro sociale. Ma perché questa iniziativa abbia successo bisogna pensare ai contenuti. In ogni caso, per farlo occorre la collaborazione delle famiglie, non basta l’impegno della Comunità”. Già perché dal dibattito e dagli interventi di alcune madri, sembra che l’ebraismo milanese si trovi davanti a un’emergenza educativa, per cui i genitori fanno fatica a trasmettere un’identità ebraica forte ai ragazzi e allo stesso tempo sono preoccupati per la mancanza di alternative ai locali notturni della città, dove vedono i propri figli esposti a troppi pericoli, specie i più giovani. Il rabbino Simantov, responsabile del Noam avverte però che in questo senso la creazione del centro sociale non risolverà i problemi. “Se un genitore non dà ai propri figli un certo tipo di educazione, non sarà il centro sociale a colmare la lacuna. Si parla di cambiare la mentalità dei ragazzi, ma forse prima bisogna cambiare quella dei genitori”.
I giovani chiamati in causa Tana Abeni, 25 anni, vicepresidente dell’Unione giovani ebrei d’Italia e Ester Aziz, maturanda alla scuola ebraica, tuttavia mostrano di gradire l’idea di un luogo che permetta a tutti di avere una sede per tante attività diverse, organizzate o meno. Ester ha raccontato i desideri suoi e dei compagni, che si preparano a lasciare la scuola, “l’ultimo luogo per ritrovarci”. Tana Abeni che da anni si occupa di organizzare momenti di aggregazione ha preso a modello il centro comunitario di Budapest con attività rivolte a tutte le età, dai bambini agli anziani, sempre attivo, con tanto di bar e foresteria.
La notizia è che la vecchia sede del Maurizio Levi, ottocento metri quadri nel cuore di Milano, è in vendita. Chissà se sarà possibile riportarla agli antichi splendori.
Rossella Tercatin